Obama dice grazie all’Abruzzo
Il presidente Usa: «Ospitalità eccellente». E pensa al disarmo nucleare.
L’AQUILA. «Voglio ringraziare il presidente Berlusconi per l’eccellente ospitalità sua, della gente dell’Aquila, dell’Abruzzo e degli italiani in generale», ha detto l’uomo che vuole salvare il mondo, al secolo Barack Obama. Mentre la 11enne Malia girava per Roma, tra gelati e Colosseo, esibendo una maglietta col famoso simbolo dei pacifisti, il suo altrettanto famoso papà cercava a qualche chilometro di distanza, all’Aquila, di far diventare realtà il sogno di un mondo senza armi nucleari. Con passi concreti: a marzo i paesi nucleari si riuniranno a Washington. E ieri Superman Obama é tornato di nuovo in azione. Lo ha fatto assumendo la guida della lotta ad un altro flagello provocato dalla stoltezza umana: il mutamento del clima. Di nuovo con passi concreti, con accordi per la riduzione delle emissioni di gas inquinanti. «Il riscaldamento del pianeta é una delle maggiori minacce della nostra epoca», ha detto il presidente americano. «I ghiacciai si stanno già sciogliendo.
I paesi sviluppati hanno la responsabilità storica di guidare la lotta». Obama non ha potuto evitare di puntare l’indice contro il suo predecessore, quel George W. Bush che persino negava la esistenza del problema. «In passato non abbiamo tenuto fede a questa responsabilità», ha aggiunto il nuovo inquilino della Casa Bianca. «Ma quei giorni sono finiti». Riuscirà il presidente americano a salvare il pianeta dalla follia degli uomini? «Le cause sono umane», ha sottolineato ieri all’Aquila. «Anche le soluzioni devono venire dagli uomini». Sul fronte della non proliferazione nucleare, tema del suo discorso di Praga, Obama si é già lanciato in numerosi passi concreti per realizzare il sogno sbandierato sulla maglietta della figlia, che sembra seguire precocemente il sentiero paterno. A Mosca ha raggiunto uno storico accordo per ridurre ulteriormente gli arsenali nucleari.
Sulla base del principio, quasi evangelico, del «non chiedere agli altri ciò che tu non hai la volontà di fare». Ovvero: non si può chiedere agli altri paesi di rinunciare al nucleare bellico se Usa e Russia continuano a mantenere enormi arsenali atomici. E non si può chiedere a Cina e India e ai paese emergenti di non inquinare se poi i paesi sviluppati non fanno altrettanto. Al vertice del G8 in Italia Obama, pur all’esordio, ha dominato la scena mostrando di avere già rotto il ghiaccio con gli altri leader del mondo che lo accolgono con applausi (é successo ieri alla foto di gruppo del G14), lo abbracciamo, gli danno pacche sulle spalle, sorridono, tentano di conquistare la sua attenzione.
Così il presidente brasiliano Luis Ignacio Lula da Silva, pur in competizione diretta con Obama per la assegnazione delle Olimpiadi del 2016 (con Rio de Janeiro contro Chicago, la città dell’inquilino della Casa Bianca), ha sorpreso ieri mattina il presidente Usa regalandogli all’inizio del loro colloquio una maglietta gialla della nazionale carioca, con il numero 5 e le firme di tutti i calciatori. «E’ bellissima, mi piace molto!», ha esclamato Obama. Che però, alla fine del colloquio, ha sorpreso a sua volta Lula con una battuta inaspettata di tema calcistico: «Mai più ci faremo rimontare due reti dalla vostra squadra!», una allusione alla sconfitta degli Usa contro il Brasile nella recente Confederation Cup dopo che il team americano era in vantaggio per 2-0.
Nelle pause della sua crociata per salvare il mondo Obama-superman si é abbandonato anche alla sua grande passione sportiva, il basket. Ha voluto provare il campetto messo a punto per lui dalla efficiente organizzazione del G8, centrando più volte il canestro dalla posizione più difficile, quella dei tre punti. Ma Obama é un animale raro: un idealista con i piedi per terra. «Abbiamo avuto qui a L’Aquila una buona partenza», ha detto ieri parlando dei mutamenti del clima. «Ma sono il primo ad ammettere che fare ulteriori progressi non sarà facile. Ma non dobbiamo arrenderci. Dobbiamo dare forma al nostro futuro e non lasciare che gli eventi lo facciano per noi». Una massima in cui crede fermamente. Durante la campagna elettorale aveva promesso di voler cambiare prima l’America e poi il mondo. Nessuno può accusare Barack Obama di avere tradito questa promessa.
I paesi sviluppati hanno la responsabilità storica di guidare la lotta». Obama non ha potuto evitare di puntare l’indice contro il suo predecessore, quel George W. Bush che persino negava la esistenza del problema. «In passato non abbiamo tenuto fede a questa responsabilità», ha aggiunto il nuovo inquilino della Casa Bianca. «Ma quei giorni sono finiti». Riuscirà il presidente americano a salvare il pianeta dalla follia degli uomini? «Le cause sono umane», ha sottolineato ieri all’Aquila. «Anche le soluzioni devono venire dagli uomini». Sul fronte della non proliferazione nucleare, tema del suo discorso di Praga, Obama si é già lanciato in numerosi passi concreti per realizzare il sogno sbandierato sulla maglietta della figlia, che sembra seguire precocemente il sentiero paterno. A Mosca ha raggiunto uno storico accordo per ridurre ulteriormente gli arsenali nucleari.
Sulla base del principio, quasi evangelico, del «non chiedere agli altri ciò che tu non hai la volontà di fare». Ovvero: non si può chiedere agli altri paesi di rinunciare al nucleare bellico se Usa e Russia continuano a mantenere enormi arsenali atomici. E non si può chiedere a Cina e India e ai paese emergenti di non inquinare se poi i paesi sviluppati non fanno altrettanto. Al vertice del G8 in Italia Obama, pur all’esordio, ha dominato la scena mostrando di avere già rotto il ghiaccio con gli altri leader del mondo che lo accolgono con applausi (é successo ieri alla foto di gruppo del G14), lo abbracciamo, gli danno pacche sulle spalle, sorridono, tentano di conquistare la sua attenzione.
Così il presidente brasiliano Luis Ignacio Lula da Silva, pur in competizione diretta con Obama per la assegnazione delle Olimpiadi del 2016 (con Rio de Janeiro contro Chicago, la città dell’inquilino della Casa Bianca), ha sorpreso ieri mattina il presidente Usa regalandogli all’inizio del loro colloquio una maglietta gialla della nazionale carioca, con il numero 5 e le firme di tutti i calciatori. «E’ bellissima, mi piace molto!», ha esclamato Obama. Che però, alla fine del colloquio, ha sorpreso a sua volta Lula con una battuta inaspettata di tema calcistico: «Mai più ci faremo rimontare due reti dalla vostra squadra!», una allusione alla sconfitta degli Usa contro il Brasile nella recente Confederation Cup dopo che il team americano era in vantaggio per 2-0.
Nelle pause della sua crociata per salvare il mondo Obama-superman si é abbandonato anche alla sua grande passione sportiva, il basket. Ha voluto provare il campetto messo a punto per lui dalla efficiente organizzazione del G8, centrando più volte il canestro dalla posizione più difficile, quella dei tre punti. Ma Obama é un animale raro: un idealista con i piedi per terra. «Abbiamo avuto qui a L’Aquila una buona partenza», ha detto ieri parlando dei mutamenti del clima. «Ma sono il primo ad ammettere che fare ulteriori progressi non sarà facile. Ma non dobbiamo arrenderci. Dobbiamo dare forma al nostro futuro e non lasciare che gli eventi lo facciano per noi». Una massima in cui crede fermamente. Durante la campagna elettorale aveva promesso di voler cambiare prima l’America e poi il mondo. Nessuno può accusare Barack Obama di avere tradito questa promessa.