Polo farmaceutico in salute il settore si lancia sul biotech
Convegno promosso da Farmindustria che chiama a raccolta enti e ateneo In città il settore occupa 1300 lavoratori. Scaccabarozzi: «Qui niente esuberi»
L’AQUILA. Nonostante la crisi economica che non risparmia alcun settore e malgrado le ultime quattro manovre finanziarie, che hanno tagliato investimenti anche in ambiti ad alta tecnologia e innovazione, quello del farmaceutico «regge» e anzi «traina» l’economia italiana. Questo non significa che esuberi non ci siano stati: sono in migliaia gli addetti mandati a casa tra industrie farmaceutiche e indotto. Ma sono perdite che pesano meno di altre nell’ambito del manifatturiero in generale. Un esempio di questa «virtuosità» è il polo farmaceutico dell’Aquila, con i suoi 1300 lavoratori (300 sono quelli dell’indotto) e una produzione che ammonta a un miliardo, un export che pesa per il 32% sul totale manifatturiero e per il 48% sul totale dell’hi-tech a livello nazionale.
Un’oasi (quasi) felice: ecco perché L’Aquila è stata scelta per il convegno organizzato da Farmindustria «Biotech e farmaco: nuove possibilità di cura, un’opportunità per il Paese». Un dibattito sulle frontiere dei farmaci biotecnologici che si è tenuto a Coppito, nella tensostruttura dell’Università donata proprio da Farmindustria. Al convegno hanno preso parte, tra i tanti ospiti, il presidente di Farmindustria Massimo Scaccabarozzi, quello del Gruppo Biotecnologie di Farmindustria Eugenio Aringhieri e diversi rappresentanti istituzionali: il sindaco Massimo Cialente, il presidente della Provincia Antonio Del Corvo, il nuovo rettore Paola Inverardi, il prorettore Francesco Vegliò, il vicepresidente vicario del consiglio regionale Giorgio De Matteis. È intervenuto anche il ministro per le Riforme Gaetano Quagliariello, che ha parlato delle sfide e delle priorità che il governo Letta si appresta ad affrontare. Dal convegno è emerso, in particolare, «il valore dell’industria farmaceutica per i singoli territori». A evidenziarlo è stato Scaccabarozzi, che ha definito il comparto aquilano più solido di molti altri. «Qui abbiamo fabbriche, facciamo ricerca di eccellenza soprattutto sull’area biotech», ha detto. «Non mi pare che ci siano esuberi che riguardano questo settore nell’Aquilano, almeno fino a ora, mentre in Italia il comparto conta 1500 dipendenti in meno quest’anno e si prevedono altri duemila esuberi». Cialente ha, a tal proposito, ricordato che “il 5% dei fondi per la ricostruzione, ossia cento milioni, sono stati destinati proprio a questo settore». Pare lontana, dunque, la crisi che a inizio anno sembrava stesse coinvolgendo anche il polo farmaceutico aquilano, dove esistono tre imprese «solide»: Dompé, Menarini e Sanofi. Aziende che, nel 2012, a fronte di 80 milioni di spesa pubblica «ne hanno generati 115». Risultati importanti per l’Abruzzo, che conta anche altre realtà farmaceutiche (la Angelini a Pescara e Chieti e l’Alfa Wassermann sempre a Pescara). Sono, invece, 175 in totale le imprese farmaceutiche in Italia (1400 milioni di investimenti ogni anno). Numeri che, secondo il presidente di Farmindustria «rappresentano una leva di crescita per il Paese. Ma adesso si devono eliminare gli ostacoli che impediscono l’accesso facile ai medicinali innovativi». Di qui l’appello a mettere a punto «un quadro normativo stabile con tempi più brevi per il pagamento dei debiti della Pubblica amministrazione». D’altra parte, è emerso durante la tavola rotonda di fine mattinata, i farmaci biotecnologici in molti casi rappresentano «l’unica possibilità di cura per patologie diffuse come anemia, fibrosi cistica e alcune forme di tumore. E sono tra le principali risposte alle malattie rare, per lo più di origine genetica», ha spiegato Aringhieri. Ma «da soli non si vince», ha voluto ribadire Scaccabarozzi. «È necessario che il contesto sia favorevole, con istituzioni pronte a partecipare. L’università si è evoluta sotto questo aspetto», ha concluso, «e qui all’Aquila è stata trovata una sintesi. Il polo farmaceutico è un esempio che può trainare altri settori per uscire, finalmente, dal buio della crisi».
Marianna Gianforte
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