Rapina una prostituta, 36enne arrestato 

Nei guai un cliente che strappa dalle mani della donna 120 euro, perde il telefonino e accusa «due persone di colore»

L’AQUILA. Si apparta con una donna che vende il suo corpo nella zona del cimitero. Non soddisfatto della prestazione sessuale, prima la colpisce con pugni al viso. Poi le strappa 120 euro dalle mani, oltre a un telefonino, e fugge. Ma perde il suo cellulare. La donna chiede aiuto a una guardia giurata e alla polizia. Il cliente, invece, pensa bene di andare dai carabinieri e di denunciare il furto del telefono. Ovviamente, accusando del falso reato «due uomini di colore, un uomo e una donna». Alla fine della storia, al termine delle indagini, l’uomo finisce agli arresti domiciliari.
L’ARRESTO. Il personale della sezione antirapina della Squadra Mobile della questura arresta, in esecuzione della misura cautelare degli arresti domiciliari, un aquilano di 36 anni. Non sono state rese note le sue generalità. L’uomo è accusato del reato di rapina in danno di una prostituta.
LA STORIA. Le indagini svolte dalla Squadra Mobile, guidata dal dirigente Tommaso Niglio, vengono avviate a seguito di una denuncia presentata in questura da una donna di nazionalità nigeriana. La vittima dichiara che, nella notte del 15 giugno, dopo aver consumato un rapporto sessuale con un cliente, viene dapprima percossa e successivamente rapinata della somma di 120 euro e che, nel corso della colluttazione con il suo aggressore, quest’ultimo perde il proprio telefono. La stessa donna, dopo aver raccontato nei minimi dettagli quanto accaduto, riconosce in fotografia il suo aggressore e consegna agli stessi investigatori il telefonino appartenente al rapinatore. Gli operatori della Squadra Mobile, coadiuvati anche dal personale della Squadra Volanti (guidata dal dirigente Roberto Mariani) intervenuto sul posto la notte dell’aggressione a seguito della chiamata da parte della donna al 113, riescono in breve tempo a ricostruire la dinamica dei fatti.
I TABULATI TELEFONICI. L’analisi del tabulato telefonico, acquisito dagli stessi investigatori nel corso di un’indagine ad ampio raggio, alla fine conferma in maniera obiettiva quanto dichiarato dalla vittima, permettendo di raccogliere gravi indizi di colpevolezza sulla commissione del reato di rapina aggravata. Decisive per l’esito delle indagini sono anche le testimonianze di una connazionale della vittima e di una guardia giurata cui la donna si rivolge quella stessa notte, nei concitati momenti successivi all’aggressione. L’amica della donna, preoccupata per non averla vista rincasare, si attacca al telefono e comincia a chiamare all’impazzata. Fino a quando non risponde il cliente che, non senza resistenze, le riconsegna il telefonino della ragazza.
FINTA DENUNCIA RAZZISTA. Il giovane viene denunciato anche per il reato di calunnia. Una calunnia a sfondo razzista. Infatti, secondo quanto accertato dagli stessi investigatori, tenta di precostituirsi un alibi, presentandosi il giorno dopo dai carabinieri e dichiarando, falsamente, di essere stato rapinato del proprio telefono cellulare da «un uomo e una donna di colore» nei pressi del Castello. Il giudice dispone gli arresti domiciliari. C’è il rischio concreto e attuale, infatti, che possa ripetere il reato e che possa inquinare le prove. Visto che, dopo quella notte folle, ha cercato di rintracciare la sua vittima nelle zone da lei frequentate. Ora sarà costretto a starle alla larga.
©RIPRODUZIONE RISERVATA