Sparò e uccise per errore durante una battuta di caccia: condannato l’amico 28enne
Un anno e 8 mesi all’uomo che ferì a morte il finanziere aquilano Pulsoni. La tragedia nel 2020 in Calabria, era in corso una battuta di caccia al cinghiale
L’AQUILA. Un anno e otto mesi con la condizionale per omicidio colposo. Questa, la pena inflitta dai giudici del tribunale di Vibo Valentia a carico di Francesco Nacca, il 28enne originario di Caserta, che durante una battuta di caccia tra amici, in Calabria, ha premuto il grilletto del suo fucile contro la sagoma di Luca Pulsoni, finanziere 26enne di Camarda, invece che contro quella di un cinghiale.
Una tragedia scandita dalle urla del cacciatore, resosi subito conto della gravità dell’accaduto, e dal successivo arrivo dei soccorsi. Ma per Pulsoni, finanziere aquilano di stanza a Vibo Valentia, non c’è stato niente da fare. Era il gennaio del 2020.
Oggi, quindi, la sentenza dei giudici del tribunale calabrese, che a due anni esatti da quello sparo, chiude un primo cerchio sulla tragica vicenda.
Era infatti il 12 gennaio del 2020, e i due amici si erano concessi una battuta di caccia al cinghiale nei pressi del lago Angitola, nel comune di Maierano. All’improvviso un colpo di fucile coglie Pulsoni alle spalle, sotto la scapola, con i pallettoni inizialmente destinati ad abbattere un cinghiale che recidono invece l’arteria succlavia del 26enne, morto di lì a poco per dissanguamento, al punto da rendere inutili i soccorsi.
Subito dopo l’incidente la Procura della Repubblica aprì un fascicolo d’indagine per omicidio colposo nei confronti di Nacca, che non ha mai negato le sue responsabilità per quello sparo, nonostante nessun altro abbia assistito alla scena.
Nacca, in sede di processo, ha ribadito ancora una volta la sua versione dei fatti: una fatalità dovuta all’improvvisa comparsa della sagoma dell’amico sbucato da un cespuglio, proprio nel momento in cui premeva il grilletto nel tentativo di colpire un cinghiale.
Una versione tuttavia non suffragata dal racconto di alcun testimone, e poi giudicata non attendibile dai giudici ai fini della sua assoluzione, dato che i presenti si sono precipitati sul luogo dell’incidente solo dopo lo sparo, quando il 26enne era già agonizzante.
Sulla sentenza ha poi pesato anche la presunta disorganizzazione dei soccorsi, giunti sul posto solo dopo un’ora dal ferimento del finanziere. Un dettaglio che ha così lasciato in piedi l’ipotesi, sostenuta dalla difesa dei familiari del 26enne, secondo cui se si fosse dato immediatamente l’allarme, forse Luca Pulsoni si sarebbe potuto salvare.
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