Sulmona, licenziato in tronco caporeparto della Magneti Marelli
Il 53enne con esperienza trentennale messo alla porta per non aver scartato due pezzi di telaio difettosi della nuova Alfa Stelvio. A casa anche un interinale
SULMONA. È stato licenziato dopo trent’anni di lavoro nello stabilimento della Magneti Marelli. La storia del capo reparto sulmonese mandato a casa sabato scorso alle 13.40, il giorno prima del suo 53° compleanno, si intreccia inevitabilmente con le ultime proteste per i nuovi turni nello stabilimento lungo la Statale 17. L’interruzione del rapporto di lavoro sarebbe arrivata in seguito alla spedizione nella fabbrica di Cassino – fatta da un operaio interinale (anch’egli licenziato) – di due pezzi difettosi di telaio per la Stelvio (il primo suv dell’Alfa Romeo), che avrebbero dovuto essere scartati. Tanto è bastato per congedare in via definitiva il capo di produzione, che era partito come operaio semplice e che aveva fatto carriera all’interno dell’azienda sulmonese. Nel corso degli anni aveva avuto esperienze anche all’estero, all’interno degli stabilimenti della Fca (Fiat Chrysler Automobiles), come il mese maturato in Messico in una delle fabbriche della Chrysler, in qualità di esperto della produzione. Il 53enne si è rivolto all’avvocato Alessandro Margiotta. «Il licenziamento è un provvedimento sproporzionato rispetto al fatto che viene contestato al mio assistito», spiega il legale, «una lettera di richiamo o una sospensione le avrei maggiormente comprese». Intanto, alla Magneti Marelli il clima si infiamma e sale la tensione fra le linee di produzione dello stabilimento più grosso del Centro Abruzzo coi suoi 636 lavoratori. La Fiom-Cgil ha già divulgato e affisso in bacheca un volantino di condanna sull’accaduto e non sono escluse manifestazioni di protesta da parte degli operai. La gran parte di loro, infatti, ha grande stima del collega licenziato.
«Alla Sistemi Sospensioni di Sulmona questa volta chi ha patito le conseguenze per le macroscopiche inefficienze dell’organizzazione del lavoro non è un semplice operaio, ma un lavoratore a cui è stato assegnato il ruolo di responsabile di produzione, che ha pagato un conto molto salato», interviene il segretario provinciale della Fiom, Alfredo Fegatelli. «Un segnale inquietante per tutti i lavoratori. Come mai le altre sigle sindacali non prendono posizione rispetto alle condizioni di lavoro imposte nell’officina? Il Contratto collettivo specifico, poi, che impedisce qualunque forma di contrattazione, non fa che produrre risultati dannosi sia per i lavoratori che per l’azienda. E questa non è teoria, ma sono i fatti che lo dimostrano. Come sempre la Fiom è dalla parte dei lavoratori. Noi ci siamo e siamo qui per tutti loro». Il licenziamento arriva a nemmeno dieci giorni dalla visita nello stabilimento sulmonese del segretario generale della Fiom Maurizio Landini, che aveva parlato di «turni eccessivamente pesanti in fabbrica».
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