l'inchiesta
Tagliacozzo, il sindaco-finanziere si dimette e ottiene i domiciliari
Maurizio Di Marco Testa, dopo tre ore di interrogatorio, firma le dimissioni e ottiene di poter tornare a casa. Se non le ritirerà, e sempre che non abbia misure cautelari in corso, tra 20 giorni sarà nominato un commissario prefettizio
TAGLIACOZZO. Prima firmato le dimissioni da primo cittadino, poi ha ottenuto gli arresti domiciliari. Ventiquattro ore dopo l'arresto, Maurizio Di Marco Testa, il sindaco-finanziere di Tagliacozzo, torna a casa ma da dimissionario. Interrogato per tre ore ha ribattuto a tutte le contestazioni che lo hanno portato in galera. Le indagini coordinate dal procuratore capo di Avezzano, Andrea Padalino, e dal sostituto Roberto Savelli, lo accusano di tentata concussione, turbata libertà degli incanti e frode nelle pubbliche forniture. Accuse negate da Di Marco Testa, luogotenente della Guardia di Finanza in servizio al Nucleo di polizia tributaria all’Aquila (per 12 anni ha lavorato anche alla Procura di Avezzano), che però ha firmato le dimissioni e al termine dell'interrogatorio ha ottenuto gli arresti domiciliari.
Il primo atto politico di Di Marco Testa dopo il tormentone dell'arresto porta il Comune verso il commissariamento e le elezioni, anche se in paese si sarebbe comunque votato tra pochi mesi. Per ora alla guida dell'amministrazione c'è il vicesindaco ma tra 20 giorni, sempre che non abbia misure cautelari in corso, se non ritirerà le dimissioni al suo posto sarà nominato un commissario prefettizio.
Dimissioni Di Marco Testa Maurizio
Ipotesi più che probabile dopo la bufera che ha portano agli arresti domiciliari anche Gabriele Venturini, 43 anni, assessore alla Cultura, e Carlo Tellone, architetto di 52 anni, entrambi di Tagliacozzo, e di Giampaolo Torrelli, 45 anni, di Celano, capo dell’Ufficio tecnico a Tagliacozzo. Tutti nei guai per la gestione di appalti, l’affidamento di incarichi, il patrocinio di eventi. Incarichi o lavori che, stando agli inquirenti, venivano dati sempre alle stesse persone o alle stesse ditte, per importi che andavano dai 7.500 ai 30mila euro.
In pratica, in base ai documenti, intercettazioni telefoniche e registrazioni ambientali raccolte dai carabinieri guidati dal capitano Edoardo Commandè, a Tagliacozzo lavoravano solo gli amici degli amici. Un “cartello” politico-imprenditoriale con il quale si aggiravano le norme sugli appalti pubblici, ricavandone un vantaggio professionale e, si ritiene, economico. Un sistema al quale si sarebbe opposto solo l’ex assessore Alfonso Gargano, poliziotto che non si è voluto piegare al sistema sulla spartizione degli appalti e si è rivolto ai magistrati quando gli è stata ritirata la delega ai Lavori pubblici.