Tomba a camera aperta dopo duemila anni
Poggio Picenze, all’interno resti di una donna con ampolle porta-profumi e dadi
POGGIO PICENZE. La lastra funeraria di pietra bianca, custode di un tesoro sepolto da più di duemila anni, è stata sollevata in pochi minuti, ieri mattina, dal braccio di una ruspa, e ha restituito agli sguardi increduli degli archeologi, una tomba a camera risalente al II secolo avanti Cristo, ancora intatta.
È la prima sepoltura del periodo rinvenuta in Abruzzo, con il vano interno libero dalla terra, e appartiene alla necropoli di Varranone, individuata nel territorio di Poggio Picenze, a pochi chilometri dall'Aquila, in una zona non molto distante dalla città funeraria di Fossa, all'interno del cantiere della Edimo costruzioni.
Sono stati proprio gli operai della ditta, qualche giorno fa, a fare l'importante scoperta archeologica, dove è in costruzione un megacapannone in quella che dovrebbe diventare un'area di stoccaggio industriale.
Lo scavo archeologico è stato eseguito dalla Soprintendenza, a cui è affidato il monitoraggio dell'area durante l'ampliamento della costruzione, in collaborazione con la cooperativa Vestea.
I lavori di scavo, diretti dall'archeologo Vincenzo D'Ercole e finanziati proprio dall'impresa Edimo, hanno portato all'identificazione di una ventina di nuove tombe (ancora non scavate) appartenenti alla necropoli di Varranone, che già lo scorso anno aveva restituito 60 sepolture.
L'estesa necropoli, insieme a quella di Fossa, faceva riferimento all'antica città romana di Aveja, che sorgeva con molta probabilità alle pendici del vicino Monte Cerro.
La città funeraria conserva sepolture che possono essere datate tra l'VIII e il II secolo avanti Cristo.
Proprio una tomba a camera del II secolo avanti Cristo, la numero 60, è stata aperta ieri mattina.
Gli archeologi avevano già pulito l'ingresso della sepoltura, costituito da una breve scalinata ancora ben visibile, quando gli operai della Edimo, con una ruspa, hanno provveduto a sollevare la pesante lastra di pietra che chiudeva la camera funeraria. Illuminato dal sole particolarmente caldo della mattinata di ieri, il vano interno della tomba è apparso ben conservato, con chiari segni di intonaco sulle pareti e la volta a botte non ancora crollata.
L'interno della sepoltura ha restituito le ossa di una donna accompagnate da un ricco corredo: alcune ampolline porta profumo, brocche, pedine da gioco e dadi.
«Possiamo affermare con certezza che si tratta di una sepoltura femminile», ha spiegato D'Ercole, «lo testimoniano gli oggetti del corredo funebre e lo scheletro di dimensioni ridotte. La proprietaria della tomba doveva essere una donna molto ricca, con una posizione agiata all'interno della società dei Vestini».
«La necropoli di Varranone», sottolinea il direttore degli scavi, D'Ercole, «insieme alle altre del territorio, testimonia come questa antica popolazione dell'Abruzzo interno godesse di notevoli privilegi: spesso, infatti, utilizzava le zone di pianura per le proprie necropoli, anziché sfruttarle per l'agricoltura».
È la prima sepoltura del periodo rinvenuta in Abruzzo, con il vano interno libero dalla terra, e appartiene alla necropoli di Varranone, individuata nel territorio di Poggio Picenze, a pochi chilometri dall'Aquila, in una zona non molto distante dalla città funeraria di Fossa, all'interno del cantiere della Edimo costruzioni.
Sono stati proprio gli operai della ditta, qualche giorno fa, a fare l'importante scoperta archeologica, dove è in costruzione un megacapannone in quella che dovrebbe diventare un'area di stoccaggio industriale.
Lo scavo archeologico è stato eseguito dalla Soprintendenza, a cui è affidato il monitoraggio dell'area durante l'ampliamento della costruzione, in collaborazione con la cooperativa Vestea.
I lavori di scavo, diretti dall'archeologo Vincenzo D'Ercole e finanziati proprio dall'impresa Edimo, hanno portato all'identificazione di una ventina di nuove tombe (ancora non scavate) appartenenti alla necropoli di Varranone, che già lo scorso anno aveva restituito 60 sepolture.
L'estesa necropoli, insieme a quella di Fossa, faceva riferimento all'antica città romana di Aveja, che sorgeva con molta probabilità alle pendici del vicino Monte Cerro.
La città funeraria conserva sepolture che possono essere datate tra l'VIII e il II secolo avanti Cristo.
Proprio una tomba a camera del II secolo avanti Cristo, la numero 60, è stata aperta ieri mattina.
Gli archeologi avevano già pulito l'ingresso della sepoltura, costituito da una breve scalinata ancora ben visibile, quando gli operai della Edimo, con una ruspa, hanno provveduto a sollevare la pesante lastra di pietra che chiudeva la camera funeraria. Illuminato dal sole particolarmente caldo della mattinata di ieri, il vano interno della tomba è apparso ben conservato, con chiari segni di intonaco sulle pareti e la volta a botte non ancora crollata.
L'interno della sepoltura ha restituito le ossa di una donna accompagnate da un ricco corredo: alcune ampolline porta profumo, brocche, pedine da gioco e dadi.
«Possiamo affermare con certezza che si tratta di una sepoltura femminile», ha spiegato D'Ercole, «lo testimoniano gli oggetti del corredo funebre e lo scheletro di dimensioni ridotte. La proprietaria della tomba doveva essere una donna molto ricca, con una posizione agiata all'interno della società dei Vestini».
«La necropoli di Varranone», sottolinea il direttore degli scavi, D'Ercole, «insieme alle altre del territorio, testimonia come questa antica popolazione dell'Abruzzo interno godesse di notevoli privilegi: spesso, infatti, utilizzava le zone di pianura per le proprie necropoli, anziché sfruttarle per l'agricoltura».