Visconti: «Trascurato il ruolo dell’ex rettore»
Il climatologo: «Ci si dimentica di lui, eppure ha garantito la sopravvivenza dell’Università»
L’AQUILA. «Tra i tanti eroi ricordati dai media ne manca uno: Ferdinando di Orio».
La riflessione giunge dal climatologo Guido Visconti. «Nella generale atmosfera di celebrazione del terremoto dell’Aquila (pochi pronunciano il nome della città, dove si è verificato, come se fosse una parolaccia)», scrive Visconti, «e fra i tanti eroi ricordati ce n’è uno che sembra sia stato dimenticato quando si parla di sopravvivenza dell’Università e cioè del rettore di allora, il professor di Orio. La ragione, sembra di capire, sia legata ad alcune vicende giudiziarie assolutamente personali, ma che hanno portato prima alla sua sospensione e poi alla sua espulsione dal corpo accademico. Sembrerebbe non contare affatto quello che Ferdinando ha ottenuto nella gestione dei momenti più drammatici della crisi e tantomeno le altrettanto tragiche vicende della sua famiglia: i media lo hanno semplicemente cancellato come se fosse contagioso per un male indicibile. Il rettore di allora, invece», aggiunge lo scienziato del clima, «è forse quello che più si è adoperato per la sopravvivenza dignitosa dell’Università. Ha trasferito il quartier generale del rettorato inizialmente nell’atrio di Scienze a Coppito. Ha giustamente valorizzato e utilizzato i locali della Reiss Romoli (oggi in rovina), dove ha trasferito tutta l’amministrazione. Ha avuto l’intuizione di utilizzare la ex Optimes e locali adiacenti per il trasferimento di Ingegneria. Non è stato un compito facile e si è assunto tutta le responsabilità di certe scelte che andavano fatte rapidamente per salvare l’università che vedeva già movimenti centrifughi verso i laboratori del Gran Sasso o addirittura la costa. I suoi contatti con un governo, del quale non condivideva le idee, lo hanno portato a ottenere l’attenzione dell’Eni e dell’Ocse. Queste iniziative che dovevano portare al finanziamento di un laboratorio per l’ambiente e a una scuola superiore sono subito diventate la diligenza assalita dall’establishment accademico che ha approfittato della ingenuità e timidezza scientifica di Ferdinando di Orio. Il risultato finale più clamoroso è stato il dirottamento dei fondi per il laboratorio per la ricostruzione di Collemaggio e qualcuno se n’è addirittura vantato senza chiedersi magari dove fosse il contributo del Vaticano. In definitiva, è deprimente che una persona che tanto ha fatto per la sopravvivenza dell’Università venga trascurata in questo modo».
La riflessione giunge dal climatologo Guido Visconti. «Nella generale atmosfera di celebrazione del terremoto dell’Aquila (pochi pronunciano il nome della città, dove si è verificato, come se fosse una parolaccia)», scrive Visconti, «e fra i tanti eroi ricordati ce n’è uno che sembra sia stato dimenticato quando si parla di sopravvivenza dell’Università e cioè del rettore di allora, il professor di Orio. La ragione, sembra di capire, sia legata ad alcune vicende giudiziarie assolutamente personali, ma che hanno portato prima alla sua sospensione e poi alla sua espulsione dal corpo accademico. Sembrerebbe non contare affatto quello che Ferdinando ha ottenuto nella gestione dei momenti più drammatici della crisi e tantomeno le altrettanto tragiche vicende della sua famiglia: i media lo hanno semplicemente cancellato come se fosse contagioso per un male indicibile. Il rettore di allora, invece», aggiunge lo scienziato del clima, «è forse quello che più si è adoperato per la sopravvivenza dignitosa dell’Università. Ha trasferito il quartier generale del rettorato inizialmente nell’atrio di Scienze a Coppito. Ha giustamente valorizzato e utilizzato i locali della Reiss Romoli (oggi in rovina), dove ha trasferito tutta l’amministrazione. Ha avuto l’intuizione di utilizzare la ex Optimes e locali adiacenti per il trasferimento di Ingegneria. Non è stato un compito facile e si è assunto tutta le responsabilità di certe scelte che andavano fatte rapidamente per salvare l’università che vedeva già movimenti centrifughi verso i laboratori del Gran Sasso o addirittura la costa. I suoi contatti con un governo, del quale non condivideva le idee, lo hanno portato a ottenere l’attenzione dell’Eni e dell’Ocse. Queste iniziative che dovevano portare al finanziamento di un laboratorio per l’ambiente e a una scuola superiore sono subito diventate la diligenza assalita dall’establishment accademico che ha approfittato della ingenuità e timidezza scientifica di Ferdinando di Orio. Il risultato finale più clamoroso è stato il dirottamento dei fondi per il laboratorio per la ricostruzione di Collemaggio e qualcuno se n’è addirittura vantato senza chiedersi magari dove fosse il contributo del Vaticano. In definitiva, è deprimente che una persona che tanto ha fatto per la sopravvivenza dell’Università venga trascurata in questo modo».