È morta Ultra Violet, la musa di Dalì e Wharol
L’artista aveva 78 anni: a 20 fuggì dalla Francia e a New York la sua vita divenne un’opera d’arte
NEW YORK. Addio a Ultra Violet: questo il nome d’arte dell’attrice, cantante, scrittrice e artista Isabelle Collin Dufresne, musa e interprete di quasi tutti i film di Andy Warhol, morta a 78 anni di cancro. Nata in Francia nel 1935 in una rigida famiglia dell’alta borghesia cattolica, amica e ispiratrice di Salvador Dalì, grande bellezza tra le superstar della Factory, Isabelle viveva tra Manhattan e la Costa Azzurra. La morte è stata confermata ieri al New York Times da William Butler, un amico di famiglia.
Data per clinicamente morta dopo un incidente del 1973, Ultra Violet era rinata per dedicarsi alla religione e allo studio della Bibbia. Negli anni Ottanta aveva rinnegato l'uso di droga e il sesso orgiastico dei giorni della Factory, si era cosparsa il capo di cenere e aveva aderito alla Chiesa di Gesù dei Santi dell'Ultimo Giorno.
Da artista aveva però lavorato fino praticamente a poco prima della morte: tre settimane fa ha chiuso i battenti la mostra “Ultra Violet: The Studio Recreated” che aveva attirato con una selezione di dipinti, sculture, stampe ispirate alle stragi dell'11 settembre una folla di fan nella Dillon Gallery di Chelsea.
Ma l'opera d'arte migliore di Ultra Violet fu in realtà lei stessa: sottoposta dalla sua famiglia a esorcismo a 15 anni e internata in un carcere minorile a 16, a 20 anni - dopo la laurea in Arte ottenuta nell’Istituto Sacro Cuore di Grenoble - Isabelle fuggì a New York dalla sorella maggiore. Fu lì che conobbe il pittore Salvator Dalì e divenne la sua musa ispiratrice, poi amica intima dei vip dell'espressionismo astratto: Rauschenberg, Johns, Lichtenstein e Stella.
Nel 1964, nello studio di Dalì, l'incontro decisivo con Andy Warhol: 17 sono le pellicole della Factory in cui lei è protagonista a partire da “The Life of Juanita Castro”, una commedia improvvisata in bianco e nero in cui lei recita sotto il suo vero nome. In quell’anno scelse anche il suo nome d’arte, visto che in quel periodo si tingeva i capelli di viola o di lilla.
Dopo Warhol, Ultra Violet ha lavorato per John Schlesinger, Milos Forman, Norman Mailer, Woody Allen e James Ivory. “Famous for Fifteen Minutes”, il suo bestseller del 1988 tradotto in dodici lingue, traccia un ritratto affettuoso del padre della pop art, ma confessa di esser sopravvissuta «solo grazie alla fede» e rivela i nomi dei suoi molti amanti, tra cui Edward Ruschka, Milos Forman e il ballerino russo Rudolf Nureyev.
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