Abusa di una disabile incontrata in spiaggia: arrestato un 38enne
Notizia choc a Pescara. Finisce agli arresti domiciliari, con una misura cautelare firmata dal gip Giovanni de Rensis e richiesta dal pm Gennaro Varone, un uomo di origine romena di 38 anni accusato di aver abusato di una donna di 31 anni affetta da ritardo mentale
PESCARA. Il fatto risale al 17 novembre scorso, la querela sporta dalla madre della vittima e sua curatrice speciale, viene depositata il 20 novembre alla squadra mobile; il 10 dicembre il pm Varone chiede al gip la misura che viene emessa la vigilia di Natale, quando l’uomo viene posto ai domiciliari e successivamente interrogato il 30 dicembre scorso. Una notizia finora coperta da riserbo, un episodio che per la difesa merita maggiori approfondimenti, cosa che il legale dell’arrestato, Emanuele Calista, farà prima di tutto ricorrendo al tribunale del Riesame contro la misura, anche sulla scorta dell’interrogatorio di garanzia del romeno che ha fornito una versione dei fatti sicuramente difforme rispetto alla parte offesa, ma pienamente attendibile secondo la difesa. La vittima della violenza, affetta da un “disturbo borderline di personalità in ritardo mentale lieve e discontrollo degli impulsi” (la madre ha riferito alla polizia che la figlia era «come una bambina incapace di controllare gli impulsi e soprattutto incapace di valutare le conseguenze delle sue azioni»), quel giorno discute con il padre e scende nell’abitazione dello zio. Poi, invece di tornare a casa sua, esce e va a passeggiare sul mare. E lì incontra il romeno con il quale inizia a parlare e che la invita a salire a casa sua. La donna, dopo la denuncia, viene anche sentita dal pm e fornisce una dettagliata sequenza di fatti, ma dice anche di non essere mai stata costretta dall’uomo: «Volevo dirgli di no, ma come una idiota gli ho detto va bene». Descrive al magistrato il monolocale del romeno e, nei particolari, il rapporto completo avuto con l’uomo, e la richiesta di quest’ultimo di avere anche un rapporto orale che lei inizialmente non accetta perché aveva avuto una precedente esperienza negativa, ma poi acconsente: «Non riuscivo a dirgli che non mi andava e che mi faceva schifo». Dopo un paio di ore escono insieme perché lui deve andare al lavoro. «L’odierno indagato», scrive il gip de Rensis, «avrebbe posto in essere una condotta di persuasione della vittima, approfittando del suo momento di debolezza, quanto delle sue condizioni di inferiorità psichiche dovute alla patologia certificata di cui è affetta, all’unico fine di soddisfare il proprio piacere sessuale». E il giudice aggiunge che «dal racconto della persona offesa appare evidente come questa sia stata strumentalizzata ai fini del soddisfacimento del piacere sessuale dell’indagato che pone continue richieste di compimento di pratiche sessuali alla donna, la quale per timore che potesse accaderle qualcosa di male non fa prevalere il suo dissenso, con ciò prestandosi alla reificazione che l’indagato intendeva realizzare». Per il giudice le dichiarazioni della parte offesa sono credibili e, «nonostante la mancata conoscenza diretta dell’odierno indagato ne descrive opportunamente i tratti somatici e la professione, secondo quanto gli era stato dichiarato dall’uomo» e, con riconoscimento fotografico indica con precisione l’identità dell’indagato «senza avere alcun ripensamento». Il giudice ritiene l’insussistenza del reato di spaccio per quello spinello fumato dai due: «Dubbi emergono quanto alla condotta di cessione e offerta della sostanza in quanto la stessa parte offesa evidenza come lei stessa avesse chiesto all’indagato di fumare lo spinello e che questi si sarebbe posto il problema delle conseguenze sulla donna».