PESCARA / NEL MIRINO LE GARE PER L'AFFIDAMENTO
Accoglienza migranti: a processo Recubini e dirigenti della prefettura
Frode nelle pubbliche forniture l’accusa per i dirigenti Maria Di Cesare, Ida De Cesaris e Rinaldo Recchia Più pesante la posizione dell’amministratore dell’Azienda di servizi alla persona: risponde anche di falso
PESCARA. Frode nelle pubbliche forniture, falso, turbata libertà degli incanti: sono le pesanti accuse dalle quali dovrà difendersi davanti ai giudici del tribunale, il 22 febbraio prossimo, Dario Recubini (difeso dagli avvocati Vincenzo Di Girolamo e Giulio Cerceo), amministratore e legale responsabile dell’Asp 1 di Pescara, Azienda pubblica di Servizi alla persona della Provincia di Pescara.
ACCOGLIENZA MIGRANTI. Accuse che riguardavano le gare per l’affidamento dei servizi di accoglienza e assistenza dei cittadini stranieri, che secondo la procura Recubini avrebbe condiviso in parte con tre dirigenti della Prefettura che, per questo, rispondono soltanto del reato di frode nelle pubbliche forniture, e per il solo motivo di non aver vigilato sull’operato del presidente Asp e delle sue strutture. Parliamo del vice prefetto dell'epoca (i fatti in contestazione che riguardano Recubini partono da maggio del 2015, mentre il reato dei prefettizi è del dicembre 2017) Maria Di Cesare (assistita da Pierluigi De Nardis), responsabile dell'Area “diritti civili, cittadinanza, condizione giuridica dello straniero, immigrazione e diritto d'asilo”; Ida De Cesaris, dirigente della Prefettura e presidente della commissione giudicatrice per le valutazioni delle offerte per l’affidamento del servizio di temporanea accoglienza degli stranieri, e Rinaldo Recchia (entrambi difesi da Augusto La Morgia), dirigente responsabile del servizio contabilità della Prefettura, quello che avrebbe disposto e sottoscritto gli ordinativi di pagamento per «importi notevolmente eccedenti», scrive il pm Andrea Papalia nel capo di imputazione, «a quelli dovuti in base al tetto massimo di presenze giornaliere di migranti previsto nelle convenzioni».
PIÙ OSPITI DEL PREVISTO. E questo è il punto centrale della vicenda processuale della quale si è occupata ieri il gup Giovanni De Rensis, che ha deciso per il rinvio a giudizio di tutti e quattro gli imputati: l’aver cioè dichiarato, nei documenti di gara, di avere tutti i requisiti per ospitare un certo numero di migranti, che poi sarebbe cresciuto diventando «di gran lunga superiore al tetto di disponibilità massima previsto per le strutture» di Penne e di Civitella Casanova, «già di per sé inidonea a ospitare un numero superiore a 10 persone». La Procura a riguardo fa un preciso riepilogo dei posti eccedenti e dice, ad esempio, che di fatto a Penne da ottobre a dicembre 2016 veniva ospitata una media giornaliera di più di 30 persone rispetto alla disponibilità, e segnatamente 1024 presenze rispetto alle 775 di ottobre, 966 a novembre e 1030 a dicembre, «mettendo a disposizione», si legge ancora nel capo di imputazione riferito a Recubini, «locali, servizi, personale e attrezzature insufficienti, inidonee e in contrasto con i requisiti di capacità tecnico-organizzativa previsti per l’affidamento dell'appalto».
CARENZE IGIENICO SANITARIE. L’accusa parla di locali «gravemente carenti sotto il profilo strutturale e igienico sanitario», puntando anche sugli importi non dovuti versati alle strutture di Recubini: «Richiedendo e ottenendo», scrive riferendosi a quest’ultimo, «per i mesi da ottobre a dicembre 2016 la liquidazione di 95 mila euro e per l’anno 2017 la somma di 680 mila euro, conseguiva l’ingiusto profitto di 21 mila euro per il 2016 e 170 mila euro per il 2017». I prefettizi, invece, avrebbero «dolosamente omesso i necessari controlli e la dovuta sorveglianza sull’andamento degli appalti e sulla concreta esecuzione», non controllando le presenze giornaliere e così liquidando le somme eccedenti il dovuto.
MANCANZA DI REQUISITI. Ma Recubini risponde anche del falso che è legato alla struttura di Penne che, secondo l’accusa, non aveva i requisiti necessari e neppure l’agibilità e l’abitabilità delle quali «in realtà», si legge nell’accusa, «ne era priva anche perché la porzione di immobile destinata all’accoglienza degli stranieri era interessata da lavori edili e comunque priva dell’agibilità, acquisita in data 8 luglio 2015 e quindi in epoca successiva anche all’aggiudicazione definitiva del 29 giugno 2015».
Ora tutto passa al tribunale e si profila una discussione forte, con una serie di argomentazioni non soltanto tecniche sulla questione dei locali, sui lavori effettuati e via discorrendo, ma anche organizzative, in quanto sembra che, dopo gli sbarchi dei migranti, questi venivano smistati dal ministero dell’Interno alle Prefetture e, da queste, nelle varie strutture come quella appunto di Recubini, che alla fine doveva tenere tutti i migranti che gli venivano assegnati: anche se in numero maggiore.
PARTI OFFESE. Tra le parti offese individuate dalla procura figurano: Prefettura di Pescara, Amministrazione statale, ministero dell'Interno. Diverse le informative acquisite durante le indagini: da quella della polizia municipale di Penne a quella della guardia di finanza, da quella della Asl a quella dei Nas.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
ACCOGLIENZA MIGRANTI. Accuse che riguardavano le gare per l’affidamento dei servizi di accoglienza e assistenza dei cittadini stranieri, che secondo la procura Recubini avrebbe condiviso in parte con tre dirigenti della Prefettura che, per questo, rispondono soltanto del reato di frode nelle pubbliche forniture, e per il solo motivo di non aver vigilato sull’operato del presidente Asp e delle sue strutture. Parliamo del vice prefetto dell'epoca (i fatti in contestazione che riguardano Recubini partono da maggio del 2015, mentre il reato dei prefettizi è del dicembre 2017) Maria Di Cesare (assistita da Pierluigi De Nardis), responsabile dell'Area “diritti civili, cittadinanza, condizione giuridica dello straniero, immigrazione e diritto d'asilo”; Ida De Cesaris, dirigente della Prefettura e presidente della commissione giudicatrice per le valutazioni delle offerte per l’affidamento del servizio di temporanea accoglienza degli stranieri, e Rinaldo Recchia (entrambi difesi da Augusto La Morgia), dirigente responsabile del servizio contabilità della Prefettura, quello che avrebbe disposto e sottoscritto gli ordinativi di pagamento per «importi notevolmente eccedenti», scrive il pm Andrea Papalia nel capo di imputazione, «a quelli dovuti in base al tetto massimo di presenze giornaliere di migranti previsto nelle convenzioni».
PIÙ OSPITI DEL PREVISTO. E questo è il punto centrale della vicenda processuale della quale si è occupata ieri il gup Giovanni De Rensis, che ha deciso per il rinvio a giudizio di tutti e quattro gli imputati: l’aver cioè dichiarato, nei documenti di gara, di avere tutti i requisiti per ospitare un certo numero di migranti, che poi sarebbe cresciuto diventando «di gran lunga superiore al tetto di disponibilità massima previsto per le strutture» di Penne e di Civitella Casanova, «già di per sé inidonea a ospitare un numero superiore a 10 persone». La Procura a riguardo fa un preciso riepilogo dei posti eccedenti e dice, ad esempio, che di fatto a Penne da ottobre a dicembre 2016 veniva ospitata una media giornaliera di più di 30 persone rispetto alla disponibilità, e segnatamente 1024 presenze rispetto alle 775 di ottobre, 966 a novembre e 1030 a dicembre, «mettendo a disposizione», si legge ancora nel capo di imputazione riferito a Recubini, «locali, servizi, personale e attrezzature insufficienti, inidonee e in contrasto con i requisiti di capacità tecnico-organizzativa previsti per l’affidamento dell'appalto».
CARENZE IGIENICO SANITARIE. L’accusa parla di locali «gravemente carenti sotto il profilo strutturale e igienico sanitario», puntando anche sugli importi non dovuti versati alle strutture di Recubini: «Richiedendo e ottenendo», scrive riferendosi a quest’ultimo, «per i mesi da ottobre a dicembre 2016 la liquidazione di 95 mila euro e per l’anno 2017 la somma di 680 mila euro, conseguiva l’ingiusto profitto di 21 mila euro per il 2016 e 170 mila euro per il 2017». I prefettizi, invece, avrebbero «dolosamente omesso i necessari controlli e la dovuta sorveglianza sull’andamento degli appalti e sulla concreta esecuzione», non controllando le presenze giornaliere e così liquidando le somme eccedenti il dovuto.
MANCANZA DI REQUISITI. Ma Recubini risponde anche del falso che è legato alla struttura di Penne che, secondo l’accusa, non aveva i requisiti necessari e neppure l’agibilità e l’abitabilità delle quali «in realtà», si legge nell’accusa, «ne era priva anche perché la porzione di immobile destinata all’accoglienza degli stranieri era interessata da lavori edili e comunque priva dell’agibilità, acquisita in data 8 luglio 2015 e quindi in epoca successiva anche all’aggiudicazione definitiva del 29 giugno 2015».
Ora tutto passa al tribunale e si profila una discussione forte, con una serie di argomentazioni non soltanto tecniche sulla questione dei locali, sui lavori effettuati e via discorrendo, ma anche organizzative, in quanto sembra che, dopo gli sbarchi dei migranti, questi venivano smistati dal ministero dell’Interno alle Prefetture e, da queste, nelle varie strutture come quella appunto di Recubini, che alla fine doveva tenere tutti i migranti che gli venivano assegnati: anche se in numero maggiore.
PARTI OFFESE. Tra le parti offese individuate dalla procura figurano: Prefettura di Pescara, Amministrazione statale, ministero dell'Interno. Diverse le informative acquisite durante le indagini: da quella della polizia municipale di Penne a quella della guardia di finanza, da quella della Asl a quella dei Nas.
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