Acquisti con carte clonate Arrestato un pescarese
Sette persone ai domiciliari per un giro da un milione. Vittime anche fuori Europa Scoperti commercianti compiacenti. Tentato un pagamento da 500mila euro
PESCARA. Carte di credito clonate. Commercianti compiacenti. E un enorme giro di denaro. Sono gli elementi attorno a cui si è sviluppata un’indagine della Guardia di finanza che ieri, a partire dalle prime luci del giorno, ha eseguito sette arresti. Uno degli arrestati è pescarese, vive in provincia, ma non viene reso noto il nome. Anche lui è finito ai domiciliari, come gli altri sei, mentre otto persone sono state denunciate a piede libero per la commissione di reati relativi all’illecito utilizzo di carte di credito clonate. L’operazione è del Nucleo speciale polizia valutaria, in collaborazione con il personale delle Fiamme gialle dei comandi provinciali di Pescara, Bologna e Vibo Valentia.
Questo il meccanismo scoperto. Con i codici delle carte di credito clonate gli indagati si rivolgevano a commercianti compiacenti e “strisciavano” le tessere per poi farsi restituire in contante dai negozianti le somme appena pagate, a parte una piccola percentuale. Seguendo questi passaggi sono state “strisciate” transazioni per quasi un milione di euro. Ed è stato provato il colpo grosso con una transazione da 500mila euro in una rivendita di auto. Se l’operazione fosse andata in porto sarebbe stato davvero un colpo niente male. Ma il presunto acquisto, tentato con la carta intestata a un cittadino degli Emirati Arabi, non è andata a buon fine.
È cominciato tutto a Pomezia, sul fronte delle indagini, dopo il tentativo di portare a termine operazioni anomale in una azienda di autotrasporti del posto dove erano state usate carte di credito emesse da una banca estera. L’Ufficio di sicurezza della società Nexi spa (già Cartasì Spa) ha fatto scattare gli accertamenti del Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza e, in particolare, del Gruppo Antifalsificazione monetaria e di altri mezzi di pagamento. È emerso che alcune delle carte di credito utilizzate in quell’attività di Pomezia erano già state usate per pagamenti truffaldini in altre località italiane. Sono stati scoperti i primi nomi dei soggetti coinvolti, molti dei quali di origine calabrese e già conosciuti dal Nucleo speciale di polizia valutaria. Esaminando le operazioni sospette le Fiamme gialle hanno capito come si muoveva il gruppo criminale. La prima cosa era l’individuazione di un esercente titolare di Pos, per ottenerne la collaborazione. Poi cominciavano i pagamenti in quell’attività con le carte clonate, a seguito dei quali l’esercente restituiva in contanti il denaro ottenuto attraverso la carta clonata, trattenendo una percentuale per sé. Prima di usare le tessere venivano effettuate delle prove per importi irrisori, dopodiché partivano i pagamenti per somme più consistenti. Il tutto ai danni di persone che vivono in Italia, Europa o in altre parti del mondo: tutti all’oscuro di tutto.
Tra i movimenti di denaro su cui hanno concentrato la propria attenzione le Fiamme Gialle c’è quello partito da un agriturismo che ha effettuato un bonifico di 9000 euro in favore di uno degli indagati, in possesso di una carta di credito clonata.
Un po’ per volta il quadro delle frodi è stato ricostruito, non solo esaminando le operazioni segnalate come sospette ma anche attraverso intercettazioni telematiche e telefoniche, appostamenti e pedinamenti. L’attività di indagine ha consentito anche di bloccare in tempo dei pagamenti in frode, identificando le attività compiacenti. Poi, durante una serie di perquisizioni in tutta Italia, la Guardia di finanza ha sottoposto a sequestro computer, smartphone e tablet e l’esame di questo materiale ha fornito altri elementi utili agli investigatori.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Questo il meccanismo scoperto. Con i codici delle carte di credito clonate gli indagati si rivolgevano a commercianti compiacenti e “strisciavano” le tessere per poi farsi restituire in contante dai negozianti le somme appena pagate, a parte una piccola percentuale. Seguendo questi passaggi sono state “strisciate” transazioni per quasi un milione di euro. Ed è stato provato il colpo grosso con una transazione da 500mila euro in una rivendita di auto. Se l’operazione fosse andata in porto sarebbe stato davvero un colpo niente male. Ma il presunto acquisto, tentato con la carta intestata a un cittadino degli Emirati Arabi, non è andata a buon fine.
È cominciato tutto a Pomezia, sul fronte delle indagini, dopo il tentativo di portare a termine operazioni anomale in una azienda di autotrasporti del posto dove erano state usate carte di credito emesse da una banca estera. L’Ufficio di sicurezza della società Nexi spa (già Cartasì Spa) ha fatto scattare gli accertamenti del Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza e, in particolare, del Gruppo Antifalsificazione monetaria e di altri mezzi di pagamento. È emerso che alcune delle carte di credito utilizzate in quell’attività di Pomezia erano già state usate per pagamenti truffaldini in altre località italiane. Sono stati scoperti i primi nomi dei soggetti coinvolti, molti dei quali di origine calabrese e già conosciuti dal Nucleo speciale di polizia valutaria. Esaminando le operazioni sospette le Fiamme gialle hanno capito come si muoveva il gruppo criminale. La prima cosa era l’individuazione di un esercente titolare di Pos, per ottenerne la collaborazione. Poi cominciavano i pagamenti in quell’attività con le carte clonate, a seguito dei quali l’esercente restituiva in contanti il denaro ottenuto attraverso la carta clonata, trattenendo una percentuale per sé. Prima di usare le tessere venivano effettuate delle prove per importi irrisori, dopodiché partivano i pagamenti per somme più consistenti. Il tutto ai danni di persone che vivono in Italia, Europa o in altre parti del mondo: tutti all’oscuro di tutto.
Tra i movimenti di denaro su cui hanno concentrato la propria attenzione le Fiamme Gialle c’è quello partito da un agriturismo che ha effettuato un bonifico di 9000 euro in favore di uno degli indagati, in possesso di una carta di credito clonata.
Un po’ per volta il quadro delle frodi è stato ricostruito, non solo esaminando le operazioni segnalate come sospette ma anche attraverso intercettazioni telematiche e telefoniche, appostamenti e pedinamenti. L’attività di indagine ha consentito anche di bloccare in tempo dei pagamenti in frode, identificando le attività compiacenti. Poi, durante una serie di perquisizioni in tutta Italia, la Guardia di finanza ha sottoposto a sequestro computer, smartphone e tablet e l’esame di questo materiale ha fornito altri elementi utili agli investigatori.
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