Botte e insulti al marito invalido Una 50enne rischia il processo
La pescarese è accusata di stalking, lesioni personali e diffamazione attraverso i canali social Secondo l’accusa, le violenze fisiche e verbali sarebbero continuate anche dopo la separazione
PESCARA. Rischia di finire sotto processo per una storia di stalking, ma questa volta al contrario. Imputata è una donna che avrebbe sottoposto il marito, peraltro invalido, a presunte angherie e violenze verbali e fisiche delle quali si dovrà ora occupare il gup Nicola Colantonio.
A presentare la richiesta di rinvio a giudizio è stata la pm Marina Tommolini, uno dei magistrati di punta per quanto riguarda i codici rossi che, nella stragrande maggioranza dei casi, vedono le donne vittime di atti di persecuzione. Questa volta, invece, l’uomo è la parte offesa.
I fatti presi in considerazione si sarebbero verificati a Pescara e riguardano un arco temporale che va dall’estate del 2021 all’ottobre del 2022, dunque durante la pandemia, periodo in cui i problemi di coppia si sono acuiti in maniera drammatica, facendo salire i casi da codice rosso.
Stalking, lesioni personali, diffamazione attraverso i social sono i reati che la procura contesta all'imputata, una donna di 50 anni che a un certo punto decide anche di separarsi dal marito che, nonostante l’invalidità, continua a lavorare. Premesso che nel tempo la coppia si sarebbe denunciata a vicenda più volte, sta di fatto che il capo di imputazione stilato dal magistrato parla di condotta persecutoria della donna «a partire dall’estate del 2021 e con modalità ingravescenti, soprattutto dopo la separazione legale intervenuta nell’ottobre del 2021 (che seguiva quella “di fatto” dei mesi precedenti, avendo deciso di andare a vivere con la madre e di ripresentarsi nell’abitazione coniugale a sua discrezione e all'improvviso a mò di “controllore”), innescando continui litigi (con numerosi interventi delle forze dell’ordine), offendendo, minacciando e percuotendo la presunta vittima, strappandogli persino una catenina dal collo e buttandola dal balcone, rompendo suppellettili dell’abitazione, tempestando l’uomo di telefonate e messaggi, seguendolo e diffamandolo ripetutamente su Facebook, provocando nel malcapitato uno stato di ansia nonché di timore per la propria incolumità».
Il legale della donna, l’avvocato Fernando Rucci, ha anche cercato di dimostrare, con certificazioni, che la sua assistita sarebbe affetta da un problema psichico che la porterebbe a mettere in atto certi comportamenti, ma per il momento queste tesi difensive non hanno trovato spazio, e quindi sarà il gup a decidere se gli elementi raccolti dalla procura sono sufficienti per mandare a processo la donna. Gli episodi elencati dall’accusa sono comunque diversi.
Nelle sue scorribande in casa, con la separazione di fatto in atto, e poco prima di quella ufficiale, la donna avrebbe percosso il marito spingendolo contro il frigorifero; avrebbe chiamato la polizia sostenendo che l’uomo deteneva armi in casa (trovarono una scacciacani e una pistola giocattolo); lo avrebbe aggredito per impedirgli di uscire di casa; lo avrebbe atteso sotto casa mentre rientrava dall’ospedale innescando una lite alla presenza dei familiari. E poi frasi ingiuriose: «mongoloide, porco, ti mando in galera», «quello che ti ho fatto è solo l'inizio». E dopo la separazione avrebbe utilizzato Fb per offendere pesantemente la vittima e i suoi familiari.
A presentare la richiesta di rinvio a giudizio è stata la pm Marina Tommolini, uno dei magistrati di punta per quanto riguarda i codici rossi che, nella stragrande maggioranza dei casi, vedono le donne vittime di atti di persecuzione. Questa volta, invece, l’uomo è la parte offesa.
I fatti presi in considerazione si sarebbero verificati a Pescara e riguardano un arco temporale che va dall’estate del 2021 all’ottobre del 2022, dunque durante la pandemia, periodo in cui i problemi di coppia si sono acuiti in maniera drammatica, facendo salire i casi da codice rosso.
Stalking, lesioni personali, diffamazione attraverso i social sono i reati che la procura contesta all'imputata, una donna di 50 anni che a un certo punto decide anche di separarsi dal marito che, nonostante l’invalidità, continua a lavorare. Premesso che nel tempo la coppia si sarebbe denunciata a vicenda più volte, sta di fatto che il capo di imputazione stilato dal magistrato parla di condotta persecutoria della donna «a partire dall’estate del 2021 e con modalità ingravescenti, soprattutto dopo la separazione legale intervenuta nell’ottobre del 2021 (che seguiva quella “di fatto” dei mesi precedenti, avendo deciso di andare a vivere con la madre e di ripresentarsi nell’abitazione coniugale a sua discrezione e all'improvviso a mò di “controllore”), innescando continui litigi (con numerosi interventi delle forze dell’ordine), offendendo, minacciando e percuotendo la presunta vittima, strappandogli persino una catenina dal collo e buttandola dal balcone, rompendo suppellettili dell’abitazione, tempestando l’uomo di telefonate e messaggi, seguendolo e diffamandolo ripetutamente su Facebook, provocando nel malcapitato uno stato di ansia nonché di timore per la propria incolumità».
Il legale della donna, l’avvocato Fernando Rucci, ha anche cercato di dimostrare, con certificazioni, che la sua assistita sarebbe affetta da un problema psichico che la porterebbe a mettere in atto certi comportamenti, ma per il momento queste tesi difensive non hanno trovato spazio, e quindi sarà il gup a decidere se gli elementi raccolti dalla procura sono sufficienti per mandare a processo la donna. Gli episodi elencati dall’accusa sono comunque diversi.
Nelle sue scorribande in casa, con la separazione di fatto in atto, e poco prima di quella ufficiale, la donna avrebbe percosso il marito spingendolo contro il frigorifero; avrebbe chiamato la polizia sostenendo che l’uomo deteneva armi in casa (trovarono una scacciacani e una pistola giocattolo); lo avrebbe aggredito per impedirgli di uscire di casa; lo avrebbe atteso sotto casa mentre rientrava dall’ospedale innescando una lite alla presenza dei familiari. E poi frasi ingiuriose: «mongoloide, porco, ti mando in galera», «quello che ti ho fatto è solo l'inizio». E dopo la separazione avrebbe utilizzato Fb per offendere pesantemente la vittima e i suoi familiari.