Catalogna, pugno duro del governo sul referendum: 14 arresti
In carcere per ordine di Rajoy i funzionari responsabili dell’organizzazione del voto. La replica: «Superato il limite». Mobilitazione di piazza a Barcellona
MADRID. Dopo gli avvertimenti e le minacce, Madrid è passata ai fatti per fermare la corsa della Catalogna verso il Referendum sull'indipendenza: la Guardia Civil ha fatto irruzione a Barcellona nelle sedi del governo del presidente Carles Puigdemont, arrestando su mandato giudiziario 14 alti funzionari considerati ai comandi dei preparativi del voto del primo ottobre. «Era l'unica risposta possibile», ha spiegato in Parlamento il premier spagnolo Mariano Rajoy, che ha dichiarato il referendum «illegale» e promesso di impedirlo, perché davanti alla sfida dell'indipendenza catalana «lo Stato deve reagire».
«Tolga le sue sporche mani dalla Catalogna», gli ha gridato in aula un furibondo leader dei repubblicani catalani, Gabriel Rufian. Durissima la reazione di Puigdemont al blitz. Dopo una riunione straordinaria del governo, ha denunciato «l'atteggiamento totalitario» dello Stato spagnolo: «Ha superato la linea rossa, la libertà è sospesa», ha tuonato, denunciando «una situazione inaccettabile in democrazia». Puigdemont ha annunciato che il Referendum rimane convocato «in difesa della democrazia di fronte a un regime repressivo e intimidatorio».
Ma le ultime mosse di Madrid rendono sempre più difficile organizzare il voto. Le perquisizioni della Guardia Civil le hanno permesso nelle ultime ore di sequestrare 10 milioni di schede per il voto, grandi quantità di altro materiale elettorale e le lettere di convocazione ai 45 mila membri dei seggi. La struttura organizzativa è praticamente decapitata con gli arresti dei 14 alti funzionari, fra cui Josep Jové, braccio destro di Oriol Junqueras, vicepresidente della Catalogna e uomo forte del governo di Puigdemont.
L'attacco al cuore delle istituzioni dell'autogoverno catalano ha creato una situazione incandescente a Barcellona. Migliaia di persone sono scese in piazza in difesa del governo e del referendum al grido di «Libertà», «Indipendenza», «Fuori le forze di occupazione straniere», e cantando Els Segadors, l'inno catalano. Ci sono stati momenti di forte tensione con gli agenti spagnoli che portavano via i dirigenti catalani in manette. Ma la protesta è rimasta pacifica. C'è stata alta tensione per ore anche davanti alla sede del partito della sinistra indipendentista Cup, circondato dalle forze antisommossa e «difeso» da centinaia di manifestanti. Il presidente della Assemblea Nazionale Catalana, principale organizzazione della società civile indipendentista, Jordi Sanchez, ha annunciato una «mobilitazione senza precedenti» in tutta la Catalogna dai prossimi giorni. «Il governo Rajoy è impazzito», ha detto, avvertendo che ora potrebbero essere arrestati anche Puigdemont e Junqueras.
Al di là degli arresti e delle perquisizioni, Madrid ha portato avanti oggi anche lo strangolamento finanziario del governo catalano. Il ministro delle Finanze Cristobal Montoro ha preso come previsto il controllo delle spese della Generalità e ne ha bloccato i conti correnti per evitare che «un solo euro» possa essere speso per il referendum «illegale». Sulla linea dura contro la Catalogna, Rajoy ha incassato l'appoggio dall'opposizione in nome della Costituzione dei leader degli altri due grandi partiti unionisti spagnoli, il socialista Pedro Sanchez e Albert Rivera, leader di Ciudadanos, che ha visto alla Moncloa. Il solo grande partito spagnolo favorevole al referendum, Podemos, ha duramente condannato il blitz della Guardia Civil. E a Barcellona già da stamattina è iniziata una grande mobilitazione di piazza, e anche la squadra di calcio, il Barça, si è schierata per l'indipendenza della Catalogna.