Discariche bruciate e abbandonate: le bombe ecologiche d'Abruzzo

Da Chieti a Ortucchio, discariche con tonnellate di rifiuti incendiati. E mai bonificate nonostante le promesse

La grande discarica è alle porte di Chieti. Deve essere bonificata entro giugno 2017. Ma le cinquemila tonnellate di rifiuti sono ancora lì. Una bomba ecologica bruciata due anni fa e poi dimenticata tra i frutteti e le colline con vista sulla Maiella, il Gran Sasso, la Valpescara e il mare Adriatico. Incendiata e abbandonata come il sito all’ingresso di Ortucchio dato alle fiamme otto anni fa, ancora inaccessibile e sotto sequestro. In Abruzzo i siti a rischio sono 411. Ma solo questi due sono di pattume bruciato di cui neanche l’Unione europea, che ha multato l’Abruzzo per decine di discariche dimenticate, si è accorta. Il Centro se ne occupa oggi. Documentando che esistono ancora, che la Regione non ha trovato i fondi per la bonifica e che il tempo è quasi scaduto.

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LA SCOPERTA. Ma partiamo dall’inizio. E’ il 2009 quando la Guardia di Finanza sorvola in elicottero Colle Sant’Antonio tra Chieti e Bucchianico. E scopre i rifiuti ammassati. Immondizia di ogni tipo. Dalle pile esauste ai bidoni colmi di un liquido violaceo. Dalle bombole di ossigeno ai capannoni pieni di farmaci scaduti, integratori vitaminici e prodotti per dimagrire. Su una superficie di molti ettari erano state accumulate centinaia di ecoballe che raggiungevano l’altezza di quindici metri. Scattarono il sequestro, l’inchiesta e una condanna, a 8 mesi, di un imprenditore di Sulmona. Mentre i rifiuti marcivano.
ERA IL 2015. Sì, proprio due anni fa. Il Centro entra nella nostra terra dei fuochi esattamente il 27 giugno. Tra tonnellate di rifiuti pericolosi che ardono mentre una colonna di fumo, nero e denso, si alza verso il cielo buio. A tre metri dalle fiamme, senza mascherina e rischiando di inalare diossina, documentiamo l'incendio doloso della grande discarica abusiva alle porte di Chieti. La stradina che sale e porta ai rifiuti sembra l'ingresso dell'inferno. Le ecoballe sono avvolte dalle fiamme, dal fumo e dall'odore acre. Gli occhi bruciano, mentre il cellulare fotografa il rogo che ha distrutto anche le carte, mai sequestrate e custodite in un gabbiotto esploso. Documenti che parlavano di collegamenti con Acerra nel Napoletano.
VELENI NELL’ARIA. Il giorno dopo il rogo, quel posto brulica di vigili del fuoco con maschere-antigas, uomini della Forestale e tecnici dell’Arta per rilevare con speciali attrezzature i veleni, come la diossina, il benzene, lo xilolo e il toluene, che l'incendio ha prodotto, e si diffondono nell'aria e nel terreno. L’intera area metropolitana tra Chieti e Pescara fu colpita. Ma oggi quella che sembrava la madre di tutte le emergenze ambientali d’Abruzzo è stata dimenticata. Dopo due anni i rifiuti bruciati sono ancora al loro posto. Accade a Chieti, accade anche ad Ortucchio, nella Marsica.

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FEBBRAIO 2016. Un avvocato scrive una dettagliata relazione di cui il Centro è venuto in possesso. «Ortucchio, via Circonfucense numero 16, stabilimento di proprietà della Garbuglia srl che, con contratto di locazione del primo settembre 2007, è stato concesso in locazione alla Re.Sel.Plast srl di Trasacco, il cui legale rappresentante era all’epoca la signora (...) di nazionalità ucraina». Comincia così la relazione del legale.
Nello stabilimento di Ortucchio si doveva svolgere l’attività di recupero di rifiuti non pericolosi, rifiuti plastici e rivestimenti per auto, accatastati però sul piazzale «privo di idonea pavimentazione», si legge nel report, «e di riparo dagli agenti atmosferici, in modo da generare miscelazioni tra varie tipologie...».
Il 4 luglio del 2007 l’area viene posta sotto sequestro dalla polizia giudiziaria, mentre il gip del Tribunale di Avezzano autorizza le operazioni di copertura e smaltimento da portare a termine entro sessanta giorni. Ma l’imprenditrice ucraina, nel 2008, patteggia una pena pecuniaria di duemila euro. Ed usce dalla scena senza che l’area venga bonificata.
IL GIORNO DEL ROGO. Gli ammassi di rifiuti, accatastati nel piazzale all’ingresso di Ortucchio, vengono avvolti e divorati dalle fiamme il 4 settembre del 2009, innescando un allarme ambientale e sanitario nel piccolo centro marsicano.
Sulla base degli accertamenti dell’Arta e della Asl, il sindaco di Ortucchio dà il via al procedimento amministrativo «per l’adozione dei provvedimenti necessari alla rimozione dei rifiuti» che viene comunicato alla Re. Sel. Plast e alla Garbuglia, proprietaria dello stabilimento e dell’area circostante, che però si dichiara estranea ai fatti.
L’ORDINANZA. Fu allora che il sindaco – come riferisce la relazione legale – firmò l’ordinanza con cui imponeva alle due società di provvedere «alla rimozione dei rifiuti abbandonati nel piazzale dello stabilimento, al loro smaltimento ed al ripristino dello stato dei luoghi». Tutto entro quaranta giorni. Ma la società Garbuglia ricorre al Tar che rigetta la richiesta di sospensiva senza pronunciarsi nel merito.
ULTIMO ATTO. Si consuma il 19 settembre del 2014. Il tribunale di Avezzano, con la sentenza numero 32, dichiara il fallimento della Garbuglia srl. L’anno successivo, il Tar emette la sentenza sul ricorso contro la bonifica, dichiarandolo improcedibile «in conseguenza dell’avvenuto fallimento». Arriviamo ai giorni d’oggi.
MANI LEGATE. Bonificare il sito è quasi impossibile. A 8 anni dal rogo il Comune non è in grado di esercitare i suoi poteri di surroga. Poteri resi complicati dal sequestro dell’area. «Né a ciò sembra poter provvedere la curatela del fallimento, che ha acquisito la titolarità dell’immobile, sprovvista, allo stato, di risorse finanziarie». La relazione legale si chiude così. E sono passati 8 anni.
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