«Io, in manette per difendere Cassano»

10 Luglio 2010

Ferri torna a Pescara e racconta i retroscena del suo blitz in Sudafrica

PESCARA. «Dopo l'invasione di campo in Germania-Spagna, sono stato placcato da due buttafuori, chiuso dentro un furgone della polizia con le manette ai polsi e portato in un carcere squallido con le sbarre arrugginite. Ma è stato entusiasmante». Sbarcato ieri alle 20 all'aeroporto di Fiumicino a Roma, Mario Ferri racconta i retroscena dell'invasione mondiale per amore di Cassano.

Cinquemila messaggi sulla sua pagina di Facebook, sette gruppi di fan, una raffica di telefonate dall'istante in cui il cellulare torna acceso.

Si presenta così a Roma Mario Ferri, l'agente di commercio di 24 anni, residente a Montesilvano: la sua maglia blu si vede già quando scende le scale dell'aereo che l'ha riportato in Italia da Durban in Sudafrica, via Dubai. Sopra c'è lo slogan «peace in the world» che l'ha messo al riparo da una condanna pesante, al centro la "S" di Superman e sotto il rimprovero per Marcello Lippi, colpevole di aver lasciato a casa Antonio Cassano: «Lippi te l'avevo detto». Invece, l'ex allenatore azzurro, dall'invasione di campo durante l'amichevole Italia-Olanda a Pescara, non ha ascoltato il Falco: «Cassano in Nazionale», gli ha gridato Ferri il 14 novembre 2009. Lippi non l'ha convocato.

Ferri, un curriculum di quattro invasioni di campo in quattro anni, dalla serie C1 al mondiale, racconta l'ultimo blitz: «Sono entrato allo stadio di Durban spingendo una sedia a rotelle con un complice di Johannesburg. La carrozzella? L'avevo portata da Pescara nella valigia. Insieme al mio complice, sono arrivato al livello del terreno di gioco con l'ascesore e, con la scusa di un'informazione, ho dribblato uno schieramento di poliziotti e, attraverso un varco, ho raggiunto il campo. È stato facile facile, tutto liscio come l'olio. È stato molto più difficile», assicura, «fare invasione a Genova quando, il 16 maggio, ho fatto irruzione durante Sampdoria-Napoli».

Ferri ripercorre la sua passerella: «Sono entrato di corsa suonando la vuvuzela, un suono infernale, e poi sono stato placcato dai buttafuori che mi hanno allontanato dal campo e mi hanno consegnato alla polizia. A dire la verità, gli avevo detto: "Non mi toccate, esco da solo". Mi hanno messo le manette, portato dentro la cella di un furgone della polizia ma la verità è che anche gli agenti ridevano: nessuno mi ha fatto del male. Il carcere? Squallido, con le sbarre arrugginite: ho dormito su un materassino con una coperta sopra e faceva un freddo cane. In cella con me c'era il tifoso tedesco che, a fine partita, è entrato in campo a dorso nudo. Mi hanno tenuto con le manette per due ore, fino all'arrivo del console italiano a Durban Ugo Ciarlatani. Voglio ringranziare il console: quando mi ha visto, anche lui rideva. Mi ha confessato che quando ha assistito all'ingresso in campo, ha pensato: "Ecco del lavoro per me"». Il giorno dopo, il processo: «Il giudice ha capito che le mie intenzioni erano assolutamente pacifiche e mi ha inflitto solo una multa di tremila rand, cioè 315 euro. Per questa invasione, ho pagato meno di una multa per essere passato con un semaforo rosso». Ferri è stato espulso per due anni dal Sudafrica: «Ho promesso al giudice che tornerò per il viaggio di nozze, ma non prima di tre anni però».

Ferri, il personaggio amato dal popolo di Facebook, chiede scusa: «Sì, scusa alla mia mamma e al mio papà, scusa alla mia fidanzata e anche ai suoi genitori: la mia famiglia si sente a disagio per questa mia avventura, non sono arrabbiati, il fatto è che io sono esibizionista e loro no». Ferri pentito? «Giammai, sono fiero di aver portato il nome di Pescara nel mondo e adesso voglio sfruttare il momento di notorietà per esprimere solidarietà a tutti i tifosi. Insomma, la tessera del tifoso è sbagliata e una prossima invasione di campo la dedicherò a questo tema». E la maglietta? «Sono pronto a darla in beneficenza».

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