IL ROGO DI PESCARA

La pineta dannunziana è oggi un cimitero degli alberi / FOTO SHOCK

Da polmone verde della città a deserto, le immagini sono eloquenti. Delusione, rabbia e tanta voglia di ricominciare sui social. Ma attenzione agli interessi del cemento. E alle altre aree protette

PESCARA. Da pineta storica e protetta (doveva esserlo) a cimitero degli alberi. Da polmone verde della città qual era a deserto. Dalle fronde verdi ai rami secchi e neri, simbolo della morte. Ecco che cosa è diventata quella parte della Riserva dannunziana (comparto 5) dopo l'incendio che l'ha devastata e prima che vigili del fuoco, forze dell'ordine e volontari evitassero che si estendesse anche in altre zone. Un panorama desolante, spettrale. Una lezione fin troppo severa per i pescaresi che amano la "loro" pineta e che ora "pagano" per colpa di qualche disadattato e di chi non ha saputo proteggerla.

Sui social si ripetono i ricordi di tanti che hanno trascorso la loro infanzia al fresco della pineta. E sono tanti anche coloro che oggi si mettono in riga e scoprono il valore inestimabile di questo "bene comune" andato parzialmente distrutto. Le foto sono eloquenti. Oltre al forte odore di bruciato che si sente arrivare fin dalla riviera sud, si respira tanta delusione. Ma ora anche tanta rabbia. C'è voglia di ricominciare. Se fosse per qualcuno, adesso sarebbe lì pronto con pala e rastrello a pulire, bonificare, tagliare. E rifondare. Ripiantare gli alberi che facevano respirare la parte sud della città. Che resistevano all'avanzare dei palazzi, che si ergevano a muraglia contro il grigio del cemento.

leggi anche: La pineta dannunziana vista dall'alto dopo l'incendio: dov'era il verde ora c'è la macchia nera Il giorno dopo le fiamme: lacrime, dolore, sospetti ma anche accuse / VIDEO Il sindaco piange in diretta tv: "Danni incalcolabili". E insinua: "Qualcuno va in giro ad accendere le micce...". Duro il sindacato autonomo dei vigili del fuoco: "La Regione prima taglia le risorse per la prevenzione poi piange". Italia Nostra: "Sulla pineta gravi responsabilità". E il Wwf: "Preferito dare soldi al Napoli anziché investirli sulla prevenzione"

Perché l'area della pineta andata a fuoco era fra quelle più ambite da conquistare. Il nuovo stadio, lo sviluppo di via Pantini, il nuovo sistema stradale di accesso alla città dalla parte sud con l'abbattimento del viadotto della tangenziale e l'impiego di consistenti fondi europei. Quanti interessi intorno, quanto appetito. Non bisogna poi stupirsi se sulla tragedia della pineta si fanno tanti discorsi. Ricordiamoli. E per non piangerci dopo, ricordiamo le altre aree protette della città come la pineta di Santa Filomena,  i parchi cittadini, le spiagge libere. E ai disadattati la legge che sulle aree bruciate estende i vincoli di non edificabilità per 15 anni.

copyright il Centro