Pescara, a 13 anni pestato tra la gente lungo il Corso
Ha riportato un trauma cranico, l'occhio tumefatto e il naso spaccato. La madre: "Era con delle coetanee, l’hanno avvicinato e malmenato in cinque e nessuno è intervenuto". Minacce anche su Instagram
PESCARA. Pestato a sangue in corso Umberto, alle sette di sera di un sabato affollato: è successo a uno studente pescarese di 13 anni malmenato e inseguito da un gruppetto di 14-15enni senza che nessuno dei passanti alzasse un dito in sua difesa. Senza che nessuno si prendesse la briga di fare una telefonata, a carabinieri o polizia.
Ci ha pensato la madre poche ore più tardi, dal pronto soccorso dell’ospedale dove, con il referto tra le mani, ha denunciato alla polizia quanto avevano fatto al figlio. Il quale, per quell’aggressione gratuita ha riportato, oltre a un occhio tumefatto, un trauma cranico e lesioni per la micro infrazione del setto nasale. «Un miracolo che mio figlio non abbia avuto qualche conseguenza grave», racconta la donna, mentre riferisce della prognosi di 15 giorni.
Ed è proprio lei, che con il compagno si è trasferita a Pescara da un anno e mezzo per lavoro, a raccontare con il cuore in gola il pomeriggio di follia di cui è stato vittima il figlio, terza media e un’attività sportiva a tempo pieno che gli occupa quasi tutti i pomeriggi.
«È stato con noi fino alle cinque e poi l’ho intravisto sul corso, senza che lui mi notasse dall’altra parte della strada, intorno alle sei e un quarto. Era con un gruppetto di ragazzine, come mi aveva detto prima di andare, e venti minuti dopo mi chiama per dirmi che si stavano dirigendo verso le giostrine, nella zona della stazione, mi ha detto». Non sa quello che l’aspetta, il ragazzino, «un metro e ottanta di altezza ma sempre un bambino». Quello che succede lo racconta al Centro la madre, riferendo quanto ricostruito dal figlio alla polizia giunta nella tarda serata in ospedale.
«VIENI CON NOI». «Arrivati alle giostrine, due ragazzine hanno iniziato a fare i giochi e lui è rimasto con le altre tre. A un certo punto si è visto avvicinare da due ragazzi più grandi di lui. Uno gli ha intimato di seguirlo dietro alla stazione. “Non ti seguo da nessuna parte” la risposta di mio figlio. E a quel punto sono arrivati altri tre e tutti e cinque hanno iniziato a picchiarlo». Un pestaggio da professionisti, tanto che al ragazzino hanno tirato fin sopra alla testa il giubbotto che indossava, per incappucciarlo a mo’ di sacco. E in quelle condizioni l’hanno colpito in contemporanea, e a ripetizione, con calci e pugni, fino a quando il 13enne è riuscito a scappare seguito dalle amiche.
FUGA E INSEGUIMENTO. Una corsa disperata lungo corso Umberto dove, all’incrocio con via Firenze, il tredicenne viene bloccato di nuovo. «L’ha fermato uno molto più grande di lui», riprende la mamma «che gli ha detto “se mi dici chi sono ti faccio lasciare in pace, ma ti consiglio di non dire niente né ai tuoi genitori né alla polizia, o finisci male. Intanto l’hanno raggiunto due di quei cinque che hanno ripreso a picchiarlo con calci e pugni senza che nessuno si mettesse in mezzo, senza che nessuno chiamasse la polizia. Per fortuna mio figlio è riuscito a scappare di nuovo, si è rifugiato nella farmacia di piazza Salotto da dove mi ha chiamato».
MINACCE SUI SOCIAL. Sfinito, senza più neanche l’orecchino che qualcuno dei cinque gli ha strappato, con un occhio tumefatto e dolori dappertutto, il ragazzo raggiunge l’ospedale accompagnato dalla madre e il compagno. Ma lì, mentre viene sottoposto a tutti gli esami per escludere lesioni o traumi importanti, lo stesso tredicenne inizia a ricevere via Instagram le minacce di qualcuno dei cinque bulli. Tutti più o meno di circa 15 anni e di probabile provenienza rom, come stanno accertando i poliziotti.
LO SFOGO. «Sono basita», ripete il giorno dopo la madre. «L’unica cosa che mi tranquillizza è che non c’è stato niente di grave per mio figlio. Ma tutto questo è scioccante. Anche il fatto che nessuno ha fatto niente, di sabato pomeriggio, in mezzo alla principale strada cittadina. Mi fa una tristezza immensa, che nessuno ha chiamato almeno la polizia. Arrivo da fuori e non voglio scagliarmi contro la città e i suoi cittadini ma sono davvero triste perché una città non può ridursi così. E poi mi chiedo, è possibile che oggi per un nonnulla, per una banalissima stupidaggine si rischi qualcosa di irreparabile? Mio figlio non è un attaccabrighe, se è successo a lui sarebbe potuto succedere a chiunque. È un ragazzino che va a scuola, fa sport con allenamenti impegnativi quasi tutti i giorni, le ripetizioni il pomeriggio. Nel tempo libero può andare al compleanno di qualcuno, e di rado esce come ha fatto sabato». Un’uscita in realtà richiesta e sollecitata da una ragazzina di quel gruppetto che aveva incontrato il 13enne e poi contattato via social.
LE INDAGINI. Forse, ma saranno le indagini della polizia a confermarlo, il pestaggio all’apparenza immotivato potrebbe essere legato proprio a motivi di gelosia per qualcuna delle ragazzine che erano con lui. Per dinamiche e motivi di cui il tredicenne era completamente all’oscuro.
©RIPRODUZIONE RISERVATA