Pescara, in corteo con i lumini per dare l’addio al porto che muore
Anche i pescatori alla protesta del Movimento 5 Stelle per manifestare contro il mancato dragaggio
PESCARA. Le fiammelle leggere dei lumini accendono il lungo corteo funebre che ieri sera ha attraversato il lungomare della città, dalla Nave di Cascella alla Madonnina, squarciando la placidità dello struscio domenicale. Una marcia silenziosa ha scandito il passo degli attivisti del Movimento 5 Stelle, dei cittadini di Borgo marino e di tutti gli altri quartieri di Pescara. Al capezzale del porto che non c’è più, di quello scalo messo in ginocchio dall’insabbiamento dei fondali, sono accorse diverse decine di persone. Con loro anche quella parte dei pescatori e degli armatori che non hanno mai smesso di lottare per chiedere, a voce alta, che la marineria cittadina non venga condannata a morte certa e che la classe politica locale riesca una volta per tutte a sciogliere il nodo dei fanghi e a far partire, nel più breve tempo possibile, le operazioni di dragaggio.
In testa al lungo serpentone che ha illuminato la passeggiata domenicale della riviera, dalla centralissima piazza Primo Maggio fino al Ponte del Mare, è stato portato a braccia il cartello con la scritta: «Il porto è una palude… come la politica». Intorno le bandiere svolazzanti del partito di Beppe Grillo, l’ultimo in ordine di tempo a sposare la causa del porto in agonia.
«Gli amministratori locali, regionali e nazionali hanno fallito», rimarca Massimo Di Renzo, uno dei rappresentanti del Movimento 5 Stelle di Pescara, «le soluzioni per salvare lo scalo dall’impasse burocratica ci sono. Purtroppo manca la volontà politica di risolvere il problema. Vogliono che scoppi l’emergenza, che arrivino i fondi a pioggia dal governo per poter fare man bassa. Hanno allungato il periodo di fermo biologico, dando ai marinai l’ennesimo zuccherino. Ma non è così che si risolvono i problemi».
Il corteo funebre per commemorare la morte del porto «a causa del completo abbandono da parte della classe politica dopo anni di agonia» si è concluso con la deposizione dei lumini ai piedi della statua della Madonnina, protettrice degli uomini di mare abruzzesi. «Ci hanno preso in giro per mesi», rimarca amareggiato Massimo Camplone, intervenuto alla manifestazione in rappresentanza della marineria cittadina.
Il rischio per i pescatori e gli armatori è di non poter più riprendere le barche all’indomani del 4 ottobre, data in cui termina il lungo fermo biologico.
«I nostri cari politici», ironizza Mimmo Grosso, un altro armatore storico, «si sono rivelati incapaci di fronteggiare il problema. Dallo scalo non entra e non esce più nessuno».
«La speranza», afferma Grosso, «è che possa iniziare quanto prima il dragaggio, perché se non si prende la decisione di scavare, noi non usciamo più in mare e gli amministratori saranno costretti a dare da mangiare alle nostre famiglie».
Ylenia Gifuni
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