Pescara, la lettera di D’Amico: «Al posto del Ferro di cavallo la sede della Regione»

6 Febbraio 2025

«E se al posto del Ferro di cavallo costruissimo la sede della Regione Abruzzo? Non mi soffermo tanto sugli effetti positivi del decongestionamento del centro città, ma sui vantaggi che verrebbero provocati dall’apertura di uffici, e quindi dall’indotto dei bar e dei piccoli ristorantini, e magari dei piccoli negozi, e quindi dal flusso di cittadini che renderebbero impossibile quella “tranquillità” di cui hanno bisogno gli spacciatori».

Gentile Direttore,  

mi ha molto colpito il tuo editoriale sul degrado delle periferie, colto come un flusso di coscienza. Ne condivido pienamente lo spirito e faccio mie le tue riflessioni sulla necessità del “cancello”: di fronte al degrado sempre più incontrollabile è necessaria una risposta securitaria che tamponi l’emergenza; la vigilanza, le luci, il cancello non sono né di destra, né di sinistra (che forse per troppo tempo si è girata dall’altra parte), perché quando un dente cariato si infiamma e fa male, sia a Destra sia a Sinistra, si prende un antidolorifico. La differenza viene dopo, quando l’antidolorifico ha fatto effetto, ma la carie non è stata eliminata ed è pronta a farsi sentire nuovamente.

Il cancello può risolvere nell’immediato – ed è bene realizzarlo – ma ha un grande limite: il degrado si sposta un po’ più in là, oltre il cancello. E se mettiamo anche più in là un altro cancello, si sposta ancora, come una carie che se non curata guasta tutti i denti, nessuno escluso. Cosa dovrebbe fare la Sinistra che non fa già la Destra oltre la risposta securitaria? Contestualizziamo su Pescara con alcune riflessioni. Come accendere le luci a Rancitelli? Magari, dopo aver messo il cancello, non ricostruire il Ferro di cavallo “com’era e dov’era”, solo semplicemente diverso architettonicamente: quel degrado deriva dall’aver creato un ghetto concentrando edilizia popolare oltre ogni misura senza aver attivato altre funzioni, senza aver immaginato i servizi che rendono un quartiere parte di una città e non una semplice distesa anonima di edifici, in cui è più facile smarrirsi, soprattutto se aiutati in questo dagli spacciatori. 

E se al posto del Ferro di cavallo costruissimo la sede della Regione Abruzzo? Non mi soffermo tanto sugli effetti positivi del decongestionamento del centro città, ma sui vantaggi che verrebbero provocati dall’apertura di uffici, e quindi dall’indotto dei bar e dei piccoli ristorantini, e magari dei piccoli negozi, e quindi dal flusso di cittadini che renderebbero impossibile quella “tranquillità” di cui hanno bisogno gli spacciatori. E invece no: il governo regionale e quello comunale, di centrodestra, decidono di mantenere alta la concentrazione dell’edilizia popolare a Rancitelli e di aggiungere ulteriori funzioni e servizi nel centro città (con tutto il rispetto, una visione un po’ provinciale? Da salotto buono ben separato e lontano dal degrado?). E ancora, le luci nelle nostre strade non vengono solo dall’illuminazione pubblica (che bisogna in ogni caso potenziare), ma le più belle vengono dai negozi o, meglio, da quei pochi negozi che eroicamente resistono: è di sinistra rivedere la politica distributiva che vede nell’espansione continua dei Centri commerciali la causa principale della desertificazione dei centri urbani? 

Mentre la destra, del tutto legittimamente, difende le libertà del mercato (con qualche significativa eccezione, come insegna la Bolkestein!), io credo che la sinistra lo debba regolamentare nell’interesse comune, che è anzitutto quello di riportare le manifestazioni quotidiane di vita nei centri urbani, anche creando le condizioni per fare la spesa se non proprio uscendo sotto casa, almeno nel non dover prendere l’Asse attrezzato per acquistare, ad esempio, un semplice asciugacapelli. D’altronde, a chi sono utili i Centri commerciali? In larga parte, ai grandi gruppi multinazionali che spesso impongono turni di lavoro faticosi e che inducono a una piena immersione in un consumismo fine a se stesso, con tutti gli effetti negativi che ben conosciamo. 

Nella tua splendida intervista, Donatella Di Pietrantonio dice una cosa bellissima: “Io ho capito che venivo dalla povertà solo al liceo!”, perché in un mondo contadino povero si è tutti poveri e quindi non si è poveri: ma in un centro commerciale, al contrario, ci si sente tutti poveri rispetto a quelle montagne di beni innalzate dal consumismo più sfrenato! E ancora, salendo di livello in una prospettiva nazionale, sarebbe di sinistra l’abolizione del contante? Come si potrebbe fare ricettazione se tutti i movimenti venissero tracciati? Al di là del beneficio derivante dal recupero dell’evasione fiscale (non fosse altro, legalità per legalità, per creare un buon esempio!), tutta la microcriminalità legata allo spaccio, alla prostituzione indotta dallo spaccio e da altre situazioni di degrado e tanti altri piccoli reati credo che verrebbero eliminati o quantomeno fortemente ridotti. Spesso in aula utilizzo un esempio per spiegare gli effetti positivi dell’innovazione tecnologica: quello degli insulti telefonici, molto diffusi fino agli anni Ottanta, quando i telefoni erano ancora di simil-bachelite ed elettromeccanici, telefono a cui bisognava rispondere alla cieca, non apparendo il numero chiamante, e poi del tutto scomparsi, non perché l’articolo 660 del codice penale ne preveda l’arresto fino a sei mesi, ma semplicemente perché la diffusione dei telefonini e la tracciabilità di chi sta chiamando ha reso di fatto impossibile la consumazione del reato. 

È qui, credo, una delle tante differenze tra Destra e Sinistra: in una prospettiva liberale, lasciare che sia prevalentemente il cittadino a provvedere a se stesso, facendone derivare una composizione spontanea della società; in una prospettiva sociale, agire come comunità per essere d’ausilio al cittadino e consentirgli di vivere più agevolmente. D’altra parte, se è vero che tra i valori fondanti della Sinistra c’è la libertà, in tutte le sue poliedriche manifestazioni, è altresì vero che la libertà dipende anche dalla sicurezza: la libertà di uscire di casa, di fare una passeggiata nel parco dipendono dalla fruibilità in sicurezza della piazza e del parco. Se poi la Sinistra riuscisse a evitare che un cittadino voglia fare lo spacciatore, da un lato, rendendogli evidenti i motivi di riprovazione sociale, dall’altro, offrendogli un percorso di vita e lavoro alternativo a quello basato sullo spaccio, il risultato sarebbe perfetto. Si può? Io continuo a credere di sì.

P.s. D’accordo, mettiamo i cancelli, ma senza esagerare. Vivo a Pescara, dove viale Bovio si congiunge quasi con la fine di Corso Vittorio, e lì c’è un piccolo terreno, non più di qualche centinaio di metri quadri, lo si potrebbe definire un cortiletto: prima è stato rimosso il muretto di recinzione perché vi si sedevano gli extracomunitari, spesso giovani occupati in edilizia a bere una birra a fine giornata; poi, hanno messo il cancello, ma essendo il terreno di estensione limitata, ciò ha provocato una sorta di effetto “prigione”. Attualmente i lavori sono ancora in corso e attendiamo che qualcuno venga ad aprire e chiudere i cancelli, sperando che qualcun altro abbia voglia di entrare in un luogo talmente protetto da risultare, per l’appunto, una “prigione”.