Pescara, liti e degrado: viaggio nel parco di Piazza Santa Caterina // FOTOGALLERY
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Lo spaccio, le grida notturne e i furti nei negozi, ma anche il destino di un parco che, chiuso nelle sue recinzioni erette vent’anni fa, non ha più bambini e né giochi agibili e muore divorato dalla criminalità che negli anni vi si è insediata
PESCARA. Cinquant’anni fa i bambini giocavano a pallone e tra di loro, al massimo, c’era pura rivalità calcistica. Ora, pur volendo aggiustare giostrine e altalene rotte da anni, lì i ragazzini non ci metterebbero piede. E i genitori neppure ce li manderebbero. Benvenuti nel giardinetto di Pescara che spaventa anche chi ci abita: ecco piazza Santa Caterina da Siena, un fazzoletto di terra tra i palazzi in cui lavorano avvocati e trovano sede il Coni, l’Anpi e altre associazioni del terzo settore. Ma anche tra le attività più disparate gestite da extracomunitari che sono arrivati in Italia, chi da soli e chi portando dietro anche la famiglia, per cercare la fortuna. «Lavoro in questo negozio per farmi due soldi e diventare un musicista», è il sogno di Moreal, 24enne originario del Gambia, il più piccolo stato dell’Africa continentale. Ma i sogni di un ragazzino oggi sono ancora chiusi dentro un recinto che chiude il parco di Santa Caterina, con lo sguardo dritto al campanile della Chiesa del Sacro Cuore che sbuca tra i palazzi. Resistono ancora i cancelli di ferro battuto che vent’anni fa, l’amministrazione comunale di centrosinistra guidata da Luciano D’Alfonso, ha realizzato per proteggere il parco e dissuadere i malintenzionati. Recintare per proteggere. Ma non solo: per allontanare spacciatori e disperati, il Comune ha anche scandito gli orari di apertura. Si entra dalle 8 alle 12.30 e dalle 15 alle 18. Mezz’ora in più di apertura nel periodo estivo. Poi arriva il “custode” (un dipendente del Comune) che chiude con le catene i tre ingressi. E da qui inizia la seconda vita del parco a due passi dalla zona della movida pescarese. I cancelli sono scattati dopo proteste e lamentele dei residenti storici, spaventati dal quel giardinetto diventato il ritrovo di un quartiere multietnico. Se da una parte un recinto chiude, dall’altra apre. Apre il dibattito pubblico in tutta Italia: l’esempio è la lite scoppiata sabato scorso a piazza Guglielmo Pepe, nel rione Esquilino di Roma.
I cancelli si chiudono Sono le 12.30. Puntuale come tutti i giorni, il dipendente della Pescara Multiservice arriva nel parco e invita con gentilezza gli ospiti a uscire. «Stiamo per chiudere, lentamente vi dovete avvicinare all’uscita», dice con garbo. Senza troppo indugio, due signore originarie della Romania si alzano dalla panchina in cemento e si avvicinano all’uscita. «Veniamo qui tutti i giorni, per pausa pranzo ci fermiamo a mangiare qualcosina. Ma la sera non ci passiamo mai», raccontano le signore mentre riavvolgono nella carta il panino che stavano mangiando per pranzo. Vicino all’ingresso del parco anche tre bagni chimici con le porte lasciate aperte. Se non fosse per le panchine, mattoni di cemento già diventati tela per i writers, non ci sarebbe altro da fare al parco. “Gioco interdetto, per ragioni di sicurezza divieto di utilizzo”, recita uno dei cartelli affissi sull’altalena in legno rotta. Ma non è l’unica: avvolti dalla rete arancione ci sono anche giostrine e scivoli. In pratica, rimane da rompere solo un dondolo in legno all’ingresso. «Non è un’area frequentata dai bambini», racconta Giovanni Stramenga, avvocato che abita a pochi metri dal giardinetto, «ma sono anche i genitori che evitano di mandarli lì. Durante il giorno è mal frequentato e di notte c’è gente che scavalca e rimane lì a dormire. È una zona di degrado, i giochi sono rotti, ma tanto non ci giocherebbe nessuno».
IL QUARTIERE MULTIETNICO
Nessuno ci giocherebbe per paura del diverso. Perché, come accade di solito nelle aree vicine ad una stazione, anche ai lati di piazza Santa Caterina si sono concentrate le attività degli extracomunitari. Tra le più disparate, che accendono anche il mistero. Nel solo quadrato attorno al giardinetto si contano ben quattro negozi di parrucchieri gestiti e frequentati da nordafricani. Non hanno paura della concorrenza. A soli 5 euro ti tagliano la barba e con due euro in più ti aggiustano i capelli. «Questo negozio ha aperto nel 2018», racconta il 24enne che sogna il mondo della musica, «poi mano a mano hanno iniziato ad aprire anche gli altri negozi». Arrivato in Italia dopo un lungo viaggio, Moreal si è diplomato in accoglienza turistica in una scuola di Miglianico, in provincia di Chieti. «Ma io vorrei diventare un rapper», spiega il 24enne che passa le giornate tra parrucche e accessori per i capelli. Chiuso nel negozio che guarda al parchetto, il 24enne sa bene quello che accade in quei giardinetti. «È vero noi beviamo un po’», confessa, «ma siamo come una famiglia. Tra padre e figlio capita di litigare. A volte vanno su di giri e può scoppiare qualche lite. Ma poi si risolve tutto alla buona».
LE LITI DI NOTTE
Ma a volte si risolve anche con l’arrivo delle forze dell’ordine: non sono nuovi gli episodi di liti e aggressioni con coltelli che tornano a far scattare l’emergenza sicurezza nella zona. «Proprio ieri sera ho sentito delle urla sotto casa», racconta Antonio Virno, infermiere di 28 anni che lavora all’ospedale di Pescara e da alcuni mesi ha preso casa in uno dei palazzi sopra alla piazza. «Non è sicuro neppure lasciare l’auto. Di recente mi hanno staccato un pezzo dalla carrozzeria». E poi ci sono i furti, anche dentro i negozi. «Mi hanno rubato la bici e poi spesso entrano e mi rubano le bottiglie di alcolici dagli scaffali», racconta Alumgir, un bangladino che da pochi mesi è diventato il proprietario del multimarket all’angolo di via Quarto dei Mille, «non mi sono messo a rincorrerlo perché sarebbe andata a finire male».
AFFITTI IN CALO
Una situazione che di conseguenza incide anche sul mercato degli affitti. «La mia amica sta provando a vendere casa, anche svendendola», racconta una signora che ieri è arrivata in bicicletta per fare compere da Gagliardi Home, il negozio all’angolo, «ma non riesce. Non è un bel posto». Stesso discorso per la parrucchiera Rosalino Stoico, originaria della Puglia e da 14 anni a Pescara per lavoro: «Non mi piace la zona, non è sicura», taglia corto, «ma ormai qui ci lavoro». Con lei, da Longo verde parrucchieri, c’è anche Alba Schneider: «A volte entrano gli stranieri per chiedere una piega. Noi li indirizziamo nelle altre attività perché hanno un capello difficile da trattare».
I NEGOZI STORICI
Tra i negozi di pachistani, africani e cinesi resistono anche le attività storiche. «Sono sempre gli stessi e ormai ci abbiamo fatto amicizia, sono cordiali», racconta Yvonne Rubino, dell’omonima merceria lungo via Battisti, da 51 anni attività storica di Pescara. A conoscere bene la piazza è Maurizio Acerbo, segretario nazionale del Partito della Rifondazione Comunista, che negli anni scorsi fu autore anche di un esposto finalizzato a chiedere la vigilanza nel parco a tutte le ore. E così arrivarono i vigili, tra cui “Rambo”, un maresciallo della polizia municipale chiamato così dai residenti. «Che i locali sono stati affidati agli immigrati non è un problema di ordine pubblico, ma è un cambiamento della città. Lo spaccio è un problema reale, la presenza di immigrati no. Hanno diritto di vivere nella città come lo hanno gli altri». Ma della sorveglianza attorno al parco ora non c’è più traccia.