l'inchiesta
Pescara, ordinanza fantasma sul mare: spunta un secondo indagato
L’indagine sul divieto di balneazione mai reso noto: la presunta falsificazione del documento contestata anche a un altro amministratore. Domani il sindaco riferirà in consiglio comunale
PESCARA. Non c’è più un solo indagato per l’ordinanza fantasma del divieto di balneazione, tenuta nascosta ai pescaresi nonostante uno sversamento di 30 mila metri cubi di liquami in mare per la rottura della fogna e le analisi dell’Arta che hanno confermato l’inquinamento. Gli indagati sono almeno due. È quanto emerge dall’avviso di garanzia consegnato al superdirigente comunale Tommaso Vespasiano, braccio operativo del sindaco Pd Marco Alessandrini: a Vespasiano è contestato il presunto reato di falso ideologico in concorso con altri.
Due responsabili? Per gli inquirenti, se l’ordinanza firmata dal sindaco è stata falsificata i responsabili potrebbero essere almeno due. E sono già indagati. Ma l’indagine sul documento finito al centro delle polemiche politiche è riservata e lo resterà ancora per i prossimi 15-20 giorni, quando in questura e procura arriveranno le prime risposte sui computer e sui telefoni sequestrati in Comune dalla squadra mobile: gli accertamenti informatici sono in corso su almeno due computer usati da Vespasiamo, sul computer di un dipendente comunale e sul pc del capo di gabinetto del sindaco, Guido Dezio. Controlli anche sui telefonini di Vespasiano e di Dezio. Ma gli indagati non sono né il dipendente comunale né Dezio: entrambi sono considerati solo persone informate sui fatti.
Ordinanza retrodatata? Al centro dei sospetti c’è l’ordinanza 428 approvata sabato primo agosto ma rimasta in sospeso per tutto il fine settimana con la spiaggia invasa di persone: secondo la versione del sindaco, nelle interviste e nell’audizione durante la seduta della commissione regionale di Vigilanza di mercoledì scorso, l’ordinanza è stata redatta il primo agosto, a seguito della rottura della fogna in via Raiale accaduta il precedente 28 luglio, e non è stata né protocollata né resa pubblica perché «sulla base dei precedenti e dei contatti con la comunità medico-scientifica, avevo la ragionevole certezza che subito sarebbe tornata la balneabilità». Infatti, il 3 agosto, i dati dell’Arta hanno dimostrato un ritorno alla normalità. E lo stesso 3 agosto, l’ordinanza è stata protocollata e disapplicata in quanto il mare era tornato balneabile. Ma per l’accusa, la ricostruzione dei fatti sarebbe un’altra: l’ordinanza sarebbe stata redatta direttamente il 3 agosto e retrodatata al primo. Si riferisce a questo presunto cambio di data l’accusa di falso ideologico in concorso che pende sul dirigente e su almeno un altro amministratore.
Sindaco in aula domani. Qual è la verità? Ieri, il sindaco avrebbe dovuto riferire in consiglio comunale ma la seduta dedicata al mare sporco è saltata per la seconda volta in 26 giorni a causa delle magliette dell’opposizione di centrodestra con scritto «Alessandrini dimettiti». Il consiglio dovrebbe svolgersi domani alle 16 e c’è attesa per le dichiarazioni del sindaco che, finora, si è chiuso nel silenzio.
Intercettazione per caso. Ma come fanno gli inquirenti a contestare la versione del Comune? Alla base dei sospetti ci sarebbe un’intercettazione carpita per caso in un altro procedimento. L’indagine sull’ordinanza, coordinata dalle pm Anna Rita Mantini e Mirvana Di Serio, è figlia di un’altra inchiesta, quella sulla City e cioè l’affare da 42 milioni di euro per portare le sedi pescaresi della Regione nell’edificio in costruzione nell’area dell’ex fornace Tinaro vicino all’aeroporto. L’inchiesta sulla City conta 14 indagati tra politici, tecnici di Comune e Regione e imprenditori. Un’intercettazione avrebbe alimentato i sospetti degli investigatori: il contenuto della conversazione è segreto ma è probabile che due persone abbiano raccontato cosa è successo davvero nel Comune di Pescara tra il 28 luglio scorso, quando una rottura della fogna in via Raiale ha mandato in mare 30 mila metri cubi di liquami con un picco di colibatteri che hanno inquinato l’acqua, e il 3 agosto, giorno in cui il mare è tornato pulito ed è stata protocollata e subito revocata l’ordinanza del divieto di balneazione. Gli avvocati degli indagati ci hanno messo poco a capire che c’è un punto di incontro tra La City e l’ordinanza di Alessandrini: il numero di procedimento sarebbe lo stesso e poi le pm che coordinano le due indagini sono le stesse. Ma l’intreccio delle inchieste è più stretto: l’indagine sull’ordinanza corre parallela a un’altra inchiesta che scava nelle ipotesi dell’inquinamento del fiume e del mare in mano a forestale e capitaneria, diretta dal pm Andrea Papalia.
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