Ricostruzione, un altro modello era possibile
Prima gli isolatori sismici mal funzionanti e mal realizzati. Poi le infiltrazioni d’acqua, i materiali fatiscenti e il crollo dei balconi. Infine, anche se la lista dei dissesti non promette di...
Prima gli isolatori sismici mal funzionanti e mal realizzati. Poi le infiltrazioni d’acqua, i materiali fatiscenti e il crollo dei balconi. Infine, anche se la lista dei dissesti non promette di esaurirsi, i pilastri marci. Con assessori e candidati sindaci che arrivano addirittura ad ipotizzare abbattimenti di quanto edificato. Non smetteranno mai di sorprenderci le brutte notizie che continuano ad arrivare dagli edifici del cosiddetto Progetto Case, denominazione scelta per i Complessi Antisismici Sostenibili ed Ecocompatibili - Dio quanta pomposità - decisi nel 2009 dal governo Berlusconi e dalla Protezione civile per fronteggiare l’emergenza abitativa apertasi all’Aquila dopo il terremoto. Quelle riportate in queste pagine riaprono la discussione sulla bontà di un intervento costato circa un miliardo e che sul tappeto non ha solo il tema dei materiali e dei lavori scadenti, ma più in generale quello della sua stessa utilità.
Certo, questi edifici hanno dato rifugio a oltre 20 mila persone. Ma c’è da chiedersi se la loro costruzione non sia stata la via più facile per esaudire i desideri di quel Partito della Spesa che sul terremoto dell’Aquila ha spesso spinto per imboccare scorciatoie pur di mettere in circolazione una massa rilevante di denaro che meglio, molto meglio poteva essere utilizzata per L’Aquila e i suoi terremotati.
E già, perché quello che sembra sempre più chiaro ed evidente è che questi Complessi cominciano a cadere a pezzi, diventano inutili man mano che gli sfollati tornano a casa, si trasformano in un onere aggiuntivo per le casse pubbliche che dovranno in futuro mettere a disposizione risorse crescenti per fare una decorosa manutenzione.
Peccato che a suo tempo in pochissimi si siano levati contro la linea scelta da Palazzo Chigi e dintorni. Si poteva provare ad ospitare i terremotati anche nelle migliaia di appartamenti vuoti e sfitti che allora si contavano in città. E riversare sul centro storico dell’Aquila le risorse economiche del progetto Case. Si sarebbe data una diversa e migliore spinta al rifacimento del capoluogo. Avviando così un modello di ricostruzione certamente più veloce e meno oneroso per tutti.