PESCARA

Rigopiano ultimo atto: c'è il processo in Cassazione / VIDEO

La Procura generale punta a reinserire il reato di disastro, finora escluso

PESCARA. Da oggi i giudici romani della Corte di Cassazione potrebbero scrivere la parola fine su una delle tragedie che più ha colpito al cuore la nostra regione: il disastro dell'hotel Rigopiano, che il 18 gennaio 2017 venne spazzato via da una valanga lasciando, sotto le macerie della struttura, 29 vittime.

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Il "regalo speciale" con dedica all'ex prefetto alla vigilia della sentenza della Cassazione su Rigopiano
Il superstite del resort di Farindola Giampaolo Matrone, che ha perso la moglie, dona al funzionario condannato in appello, una copia del suo libro sulla catastrofe

 

Prende il via stamattina, dunque, la due giorni romana con un'udienza che gli Ermellini hanno deciso a trattazione orale, dunque con interventi di persona delle parti in causa: prima la procura generale dell’Aquila che ha presentato il ricorso contro le “poche” condanne decise in primo e secondo grado; poi le parti civili e, a seguire, le difese, in particolare quelle dei cinque imputati le cui posizioni sono strettamente legate alla tragedia.

Ai cinque condannati in primo grado con il rito abbreviato, davanti al gup di Pescara Gianluca Sarandrea, e cioè il sindaco di Farindola Ilario Lacchetta, i due dirigenti della Provincia, Paolo D'Incecco e Mauro Di Blasio, il tecnico Giuseppe Gatto e l’allora gestore dell’hotel Bruno Di Tommaso (questi ultimi due condannati a 6 mesi per abuso edilizio) vennero aggiunti in secondo grado (sempre con l’accusa rappresentata dai sostituti pescaresi Anna Benigni e Andrea Papalia) l’ex prefetto di Pescara Francesco Provolo (accusato di omissione di atti d'ufficio e falso), il suo vice, Leonardo Bianco (solo falso), e il tecnico comunale di Farindola, Enrico Colangeli (stessa condanna del sindaco).

Un ricorso in Cassazione che potrebbe diventare l’ultima fase del percorso giudiziario penale (salvo un eventuale rinvio ad altra Corte d’Appello che potrebbe decretare la Corte romana) e che si presenta con un’ombra di possibile inammissibilità che sembra pendere su quanto sostenuto dalla procura generale, per questioni puramente tecniche. Un ricorso, quest'ultimo, che tenta di far continuare a vivere quell’ipotesi di disastro cancellato nelle due prime sentenze.

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