Rigopiano

Rigopiano: una lezione per tutti noi in quel presepe infranto

17 Gennaio 2025

Il direttore Luca Telese presenta lo speciale per gli 8 anni dalla tragedia di Rigopiano: le interviste di Simona De Leonardis ed Erika Gambino, la ricostruzione delle cause di Pietro Lambertini

Temo che quando avrete letto anche voi le potentissime interviste di Simona De Leonardis e di Erika Gambino che costituiscono la potente ouverture di questo speciale del Centro, vi ritroverete, per un lunghissimo e infinito attimo, anche voi al buio, anche voi sotto la neve, anche voi disperati ma resilienti, come accadde ai testimoni che ci raccontano quella notte di Rigopiano. Quando poi avrete letto tutto il resto dello speciale e la ricostruzione delle cause fatta da Pietro Lambertini vi verrà voglia di sedervi e parlarne con qualcuno. E un quotidiano serve anche a questo: serve a non farci sprecare gli attimi infiniti.

Temo però che quando avrete chiuso l’ultima pagina, con una storia dell’assurdo, quella del mazzo di fiori che diventa colpa, dovrete contenere anche voi un moto di rabbia: vi appariranno davanti agli occhi il bianco accecante del gelo e il nero pece delle tenebre, la febbre inestinguibile della speranza consegnata a corpi che combattono contro l’ipotermia, voci flebili, bagliori intermittenti, sussurri e grida.

Ma conterrete la rabbia, e farete bene. Abbiamo scritto – su questo giornale – decine di chilometri di pagine su quella valanga, dalla cronaca di quelle ore al romanzo infinito e bizantino del processo senza fine. Abbiamo raccontato l’ultimo colpo di scena della Cassazione neanche due mesi fa. Ma oggi non si può: oggi ci sono otto anni di memoria da riannodare con un filo di senso logico, oggi non parliamo di pene, di polemiche e di condanne. Parliamo di noi. Oggi – grazie a questo denso racconto civile – vorrei potervi guidare per mano nel sentiero onirico che questi testimoni, grazie al lavoro dei nostri giornalisti, illuminano nella mia mente, e, credo, ora anche nella vostra. Prendete la mano di Fabio Salzetta per cercare sua sorella con lui.

Attraversate quell’hotel “macinato” dalla natura, e addirittura “girato” come ricorda il pompiere Giancarlo Favoccia nel suo racconto, i corridoi della struttura piallati al ground zero della storia abruzzese, un termitaio compresso impastato di neve, vittime, detriti, dentro un albergo che era a tre dimensioni, e che la valanga avrebbe trasformato nella copia grottesca di un monodimensionale tabellone di Risiko, sottile come un foglio di cartone, in una partita dove il caso e la provvidenza giocavano a dadi con la vita.

Diceva Eugenio Montale che “La storia non è magistra di quello che ci riguardi”, e il più grande poeta italiano del Novecento ne era convinto. Ma mai come in questo viaggio, ho pensato che invece abbia ragione il più importante cantautore italiano, un ragazzo cresciuto da bambino a Pescara, e diventato famoso a Roma: Francesco De Gregori. “La storia siamo noi” – dice Francesco – Siamo noi padri e figli. Siamo noi che ci carichiamo il peso del lutto degli altri per imparare da chi trova dentro di sé la forza di spostare i macigni. Siamo noi che ci mettiamo dentro un cunicolo di memoria per capire le ferite di chi ha sofferto, ha scavato con le mani nel ghiaccio. La storia siamo noi salvati da chi – tra il bianco abbacinante della neve, e il nero pece del buio – riesce ritrovare il sentiero della luce. Anche per noi nel presepe infranto di Rigopiano.

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