Veronica morta per un’encefalite, il primario di Infettivologia Parruti: «Un caso su 100 milioni»

30 Marzo 2025

In aula i consulenti delle difese e l’esperto di Medicina legale Polidoro. Per loro, la giovane mamma morta il 6 aprile 2019 non poteva essere salvata: «Nessuna omissione»

PESCARA. Nel processo a carico di tre medici dell’ospedale di Pescara, Giulio Colella (infettivologo), Annamaria Pace e Antonio D’Incecco (psichiatri), accusati di omicidio colposo per la morte di Veronica Costantini, 33 anni, giovane mamma di Montesilvano deceduta dopo due ricoveri per un edema cerebrale massivo (“ipertensione endocranica maligna secondaria ed encefalite erpetica complicata da arresto cardiocircolatorio”) provocato da un’encefalite derivante da herpes, sono intervenuti gli esperti della difesa per spiegare scientificamente l’assoluta mancanza di responsabilità dei medici.

«Non c’è stata nessuna omissione da parte dei medici. L’aggressività di quella infezione virale è stata di proporzioni enormi: un classico caso di encefalite fulminante». Ildo Polidoro spiega così la posizione dei medici indagati, fornendo al giudice Nicola Colantonio la sua ricostruzione da esperto di medicina legale. «In letteratura scientifica non ho trovato un quadro di questi tipo, evoluto in maniera così fulminea».

Il consulente, nel corso della sua testimonianza, ha ripercorso in maniera analitica tutte le fasi della degenza della povera Veronica in ospedale, dal giorno del suo primo ingresso al pronto soccorso (il primo aprile del 2019) quando arrivò con forti mal di testa e febbre, ricevendo dai medici ogni cura possibile. Venne dimessa subito dopo gli accertamenti per sindrome influenzale: soffriva di emicrania a grappolo alla quale poteva essersi associata una forma influenzale. Poi il secondo ricovero, il trasferimento nel reparto di Psichiatria dettato dallo stato confusionale in cui versava la paziente e la morte arrivata il 6 aprile del 2019, tre giorni dopo il secondo ricovero.

«Il caso di Veronica, che conoscevo da bambina», riferisce al giudice il professor Giustino Parruti, primario di infettivologia allo stesso ospedale pescarese, «è stato un unicum nella storia della letteratura medica. Abbiamo assistito a un’encefalite catastrofica associata a una miocardite fulminante in una fascia di età nella quale questo fenomeno è assolutamente improbabile: parliamo di un caso su 100 milioni».

Il teste parla poi del ricovero e dell’osservazione medica che non avrebbe comportato ritardi diagnostici: «C’è stata una evoluzione catastrofica perché la situazione di paralisi immunitaria di questa ragazza ha comportato purtroppo che l’attività del virus non sia stata contrastabile né sarebbe stata contrastabile con farmaci e altri provvedimenti».

Sull’operato dei medici Parruti è stato chiaro: «Il protocollo per gestire le encefaliti è migliorato nel nostro ospedale da quel momento e soprattutto l’elettroencefalogramma che permette di individuare encefaliti rapidamente con un esame molto semplice, adesso è praticabile h24 in urgenza. Nel caso di Veronica questa buona pratica non avrebbe cambiato l’esito, perché la forma massiva di riattivazione virale che Veronica ha avuto non avrebbe avuto la possibilità di essere controllata dagli antivirali in ogni caso».

In aula era presenta la mamma di Veronica, che ha seguito con attenzione le relazioni degli esperti. In apertura di udienza una delle parti civili (rappresentata dall’avvocato Ernesto Torino Rodriguez, gli altri legali costituiti sono Maura Morretti e Anthony Aliano) ha cercato con un’eccezione di evitare l’intervento di Parruti e, soprattutto, che la sua relazione entrasse nel fascicolo, sostenendo una sorta di incompatibilità in quanto l’imputato Colella era del suo stesso reparto. Ma il giudice, dopo aver sentito il parere del pm Andrea Papalia e quello dell’avvocato Augusto La Morgia, ha rigettato l’eccezione. Prossima udienza il 2 aprile per i testi della difesa.

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