OPINIONISTA DI SKY
Condò: sorpresa Ribery, io sto con Giampaolo
«La Juventus è più forte, ma l’Inter può darle del filo da torcere». Lunedì appuntamento al Centro d'Abruzzo
PESCARA. Dalla serie A alla Nazionale, passando per la Champions. L’opinionista televisivo di Sky Paolo Condò parla a ruota libera del calcio italiano con il Centro. Il 60enne giornalista triestino – che lunedì pomeriggio sarà alla libreria del Centro d’Abruzzo a San Giovanni Teatino per presentare il libro “La storia del calcio in 50 ritratti” – boccia l’esonero di Marco Giampaolo al Milan e vota l’Inter come credibile anti-Juve.
Condò, questo avvio di campionato che cosa ha detto?
«La Juve ha almeno un avversario capace di durare, quello che è mancato l’anno scorso. Un avversario in grado di dare del filo da torcere non dico fino in fondo, ma perlomeno oltre l’autunno. L’anno scorso il campionato è finito il giorno dell’annuncio dell’arrivo di Cristiano Ronaldo alla Juve. È stata una bomba sulle macerie. Si è corso solo per il secondo posto. Quest’anno è diverso. L’Inter c’è, pensavo che anche il Napoli potesse restare in corsa, invece sta palesando delle difficoltà. La sensazione è che questo campionato possa restare vivo fino a primavera».
Che cosa ha lasciato Inter-Juventus, quali sensazioni in prospettiva?
«La Juve è più forte, va detto chiaramente. Ha i giocatori migliori per qualità e per quantità. Una rosa più profonda. A differenza dell’anno scorso quando Juve-Napoli pose la parola fine al campionato all’ottava giornata, adesso l’Inter ha fatto il pieno in precedenza ed è a galla. Ad appena un punto dalla vetta con la possibilità di restare attaccata alla Juve. Dà la sensazione di potersela giocare o quantomeno di tenere vivo l’interesse del campionato più a lungo rispetto alla passata stagione».
Chi gioca il calcio più bello?
«L’Atalanta è la squadra che mi diverte di più».
La rivelazione della serie A?
«La Fiorentina. Ha avuto una partenza difficile, ma poi ha trovato in Ribery un campione che ha ancora voglia e ha trascinato il resto della squadra. Non a caso è l’unica squadra ad aver preso punti contro la Juve».
Come giudica la reazione del calcio italiano, in campo e nella stanza dei bottoni, dopo la mancata qualificazione alla fase finale dei Mondiali 2018?
«Il fattore rivoluzionario degli ultimi anni è stata la convocazione in Nazionale di Zaniolo, poco più di un anno fa, da parte di Mancini. Zaniolo non aveva mai giocato in A e la chiamata del ct ha inchiodato gli allenatori al fatto che non facevano giocare i giovani. Adesso ne giocano di più o, comunque, hanno maggiore possibilità di mettersi in luce».
Si sente di scommettere sulla Nazionale di Mancini?
«C’è un processo di crescita in corso; se continuerà a compiere passi in avanti sarà competitiva nel Mondiale del 2022 con la possibilità di togliersi delle soddisfazioni a partire da Euro 2020».
Il livello medio del campionato è lievitato sul piano tecnico?
«Sì, è decisamente migliorato. Sono tornati ad arrivare in Italia grandi giocatori stranieri. Il peggio è passato».
L’esonero di Giampaolo e l’arrivo di Pioli al Milan?
«Io avrei tenuto Giampaolo. L’esonero non mi trova d’accordo. Lo avrei tenuto per le sue caratteristiche di allenatore, si sapeva che aveva bisogno di tempo. Però, anche lui ha commesso degli errori. Dichiararsi talebano non è stata una bella cosa a livello comunicativo. Io ho capito che cosa voleva dire Marco, ma il termine talebano non ha un bel significato. E poi va detto che il Milan è in una situazione pesante, sono troppi anni che va male e ci sono delle difficoltà oggettive che incontrerà anche Pioli».
Le italiane in Champions, su chi si sente di puntare?
«Credo che la Juve sarà competitiva fino alla fine. Mi aspettavo qualcosa in più dal Napoli, ma il pareggio di Genk è un brutto risultato, mi auguro che non abbia ripercussioni sul discorso qualificazione. Per quanto riguarda l’Inter, vediamo come va con il Borussia Dortmund, ma la sensazione è che tenga di più al campionato».
Ha già deciso a chi darà il suo voto per il Pallone d’Oro 2019?
«Sì, la comunicazione avverrà a novembre e la proclamazione a gennaio».
Lei ha alle spalle una carriera da giornalista di carta stampata, poi è passato alla televisione con Sky: perché e che cosa è cambiato nel modo di raccontare lo sport?
«Due motivi mi hanno spinto a cambiare: una bella offerta e una considerazione».
Ovvero?
«A Rio de Janeiro, nel 2014, ho scritto la finale Mondiale per la Gazzetta dello Sport e ho pensato dentro di me: “Ho fatto il massimo”. Più di questo nella carta stampata non si può fare. Io funziono molto a obiettivi, uno dopo l’altro. A quel punto volevo qualcosa di diverso. Per anni ho fatto l’inviato, ho visto e raccontato. Il massimo per un giornalista. Adesso i giornali hanno altre esigenze e io non volevo starmene in redazione a rosicare, da qui l’interesse per un’opportunità che si è presentata e si è rivelata gratificante sul piano professionale. Oggi il racconto è cambiato: in televisione il gesto tecnico è illustrato dagli ex calciatori o dagli allenatori senza squadra, al giornalista non resta che cogliere il senso dell’evento».
Ha scritto “La storia del calcio in 50 ritratti”, qual è il 51° che avrebbe voluto inserire nel libro?
«Quello di Gigi Riva, ma nel libro avevo già nove italiani. E poi ho dovuto scegliere tra Riva e Totti come giocatore-bandiera consapevole che restando nello stesso club per tutta la carriera avrebbe rinunciato a conquistare delle vittorie prestigiose. Tra i due ho scelto Totti per il titolo di campione del mondo conquistato nel 2006».
L’amico nel mondo del calcio?
«Diciamo che con Roberto Mancini negli anni ho costruito una maggiore sintonia. Capita a volte di non sentirci o di non vederci per tanto tempo, ma se l’uno ha bisogno dell’altro ci si ritrova sempre. E poi devo dire che lavorando a Sky ho conosciuto persone piacevoli, come Costacurta e Marocchi, con cui mi diverto anche ad andare a cena, non solo in trasmissione».
@roccocoletti1.
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