PALLA AL CENTRO
La Superlega scoperchia il pentolone
Il caos che si è sviluppato attorno alla nascita della Superlega, subito abortita, ha dato visibilità a un personaggio, Aleksander Ceferin (nella foto), pressoché sconosciuto al grande pubblico. Ogni volta che parla e minaccia finisce per dare umanità e dignità a un progetto, quello dei 12 grandi club, osteggiato dall’opinione pubblica e dalla politica.
Un’iniziativa intempestiva e comunicata male che, però, ha scoperchiato il pentolone: il calcio è pieno di debiti, i grandi club sono quelli con i bilanci più in rosso. Svariate le motivazioni, sta di fatto che il Covid è stato il colpo di grazia a un movimento in cui i soldi sono stati spesi senza rispetto. Sbagliata o no che sia, l’idea della Superlega aveva una sua logica. E ha fatto emergere la lotta di potere: da una parte i grandi club e dall’altra l’oligarchia di burocrati che regolamentano il movimento, attraverso Fifa e Uefa, e gestiscono i diritti tv dei grandi eventi. Da una parte c’è il rischio d’impresa dei club, dall’altra chi vuole comandare un business generato da altri.
Questo il nocciolo della questione. Che poi la Superlega ignori la meritocrazia e penalizzi le belle storie del calcio di provincia è un dato di fatto. Ma è un effetto, non la causa.
In Italia il club che si avvia a vincere lo scudetto, l’Inter ha usufruito di una delibera della Figc che permette alle società di pagare gli stipendi della fine dell’anno scorso al termine della stagione agonistica.
E il proprietario, Steven Zhang, sta lavorando per cercare i soldi necessari a pagare gli stipendi e i premi ai tesserati. Questo è il livello. Non bastasse c’è un recupero, Lazio-Torino, fissato al 18 maggio, prima dell’ultima di campionato. Così da poter gestire il risultato a seconda delle esigenze dei club. In B, giustamente, è stato bloccato il campionato per aspettare i recuperi. In A si gestisce!
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