Avigdor, chiesto il processo
Racket di clandestini: la procura accusa 18 persone.
TERAMO. Racket dei clandestini: la procura chiude l’indagine e chiede il rinvio a giudizio per 18 persone, tra stranieri e teramani, arrestati a luglio dalla squadra mobile. Tra questi c’è anche Roberto Avigdor, il tributarista consulente del lavoro di Sant’Egidio alla Vibrata che lunedì è finito in carcere nell’ambito della mega operazione di Pescara sulla tratta dei braccianti.
Per Avigdor, attualmente agli arresti domiciliari, la procura teramana chiede il giudizio per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Secondo l’accusa faceva parte di una organizzazione internazionale che trafficava in visti per lavoro stagionale, riscuotendo da 6 a 10mila euro per ciascuno di essi. Tra gli indagati ci sono pakistani e bengalesi, pronti a contattare i loro connazionali all’estero, intermediari teramani, chietini e ascolani e cinque imprenditori, soprattutto agricoli, pronti a presentare richieste di manodopera straniera per le loro imprese ma solo per accapparrarsi parte dei soldi pagati dagli extracomunitari per venire in Italia. Una volta che gli stranieri arrivavano con il visto di lavoro l’impiego non c’era più e quindi diventavano clandestini a tutti gli effetti.
L’inchiesta, coordinata dal pm David Mancini che da anni si occupa di tratta e immigrazione clandestina, ha messo in luce un sistema fatto di lavori fantasma e stranieri, in questo caso pakistani e bengalesi, costretti a pagare fino a 10 mila euro per ottenere i visti per entrare in Italia. L’organizzazione studiava i flussi migratori stabiliti ogni anno e poi indirizzava le pratiche nei canali più disponibili, si trattasse indifferentemente di lavoro stagionale, subordinato o autonomo. Di fatto gli extracomunitari pagavano somme salate per ritrovarsi clandestini poco dopo l’arrivo in Italia. L’indagine è stata avviata nell’ottobre del 2008 con la denuncia di un cittadino tunisino che dopo aver sborsato 10.000 euro per comprare un visto di ingresso in Italia, era stato messo alla porta dall’azienda: il lavoro non c’era più. L’uomo si é rivolto alla polizia e ha denunciato. Dalla sua denuncia è partita la maxi indagine.
Per Avigdor, attualmente agli arresti domiciliari, la procura teramana chiede il giudizio per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Secondo l’accusa faceva parte di una organizzazione internazionale che trafficava in visti per lavoro stagionale, riscuotendo da 6 a 10mila euro per ciascuno di essi. Tra gli indagati ci sono pakistani e bengalesi, pronti a contattare i loro connazionali all’estero, intermediari teramani, chietini e ascolani e cinque imprenditori, soprattutto agricoli, pronti a presentare richieste di manodopera straniera per le loro imprese ma solo per accapparrarsi parte dei soldi pagati dagli extracomunitari per venire in Italia. Una volta che gli stranieri arrivavano con il visto di lavoro l’impiego non c’era più e quindi diventavano clandestini a tutti gli effetti.
L’inchiesta, coordinata dal pm David Mancini che da anni si occupa di tratta e immigrazione clandestina, ha messo in luce un sistema fatto di lavori fantasma e stranieri, in questo caso pakistani e bengalesi, costretti a pagare fino a 10 mila euro per ottenere i visti per entrare in Italia. L’organizzazione studiava i flussi migratori stabiliti ogni anno e poi indirizzava le pratiche nei canali più disponibili, si trattasse indifferentemente di lavoro stagionale, subordinato o autonomo. Di fatto gli extracomunitari pagavano somme salate per ritrovarsi clandestini poco dopo l’arrivo in Italia. L’indagine è stata avviata nell’ottobre del 2008 con la denuncia di un cittadino tunisino che dopo aver sborsato 10.000 euro per comprare un visto di ingresso in Italia, era stato messo alla porta dall’azienda: il lavoro non c’era più. L’uomo si é rivolto alla polizia e ha denunciato. Dalla sua denuncia è partita la maxi indagine.