«Con l’ergastolo Katia rischia la morte»
Omicidio del piccolo Jason, l’avvocato della madre contro la richiesta fatta dalla procura
TERAMO. L'ergastolo con isolamento diurno chiesto dalla pubblica accusa per Katia Reginella, la donna a processo insieme al marito Denny Pruscino per l'omicidio del piccolo Jason, «significherebbe una condanna a morte per pena, considerate le precarie condizioni di salute dell'accusata». Lo sostiene il difensore della donna, l'avvocato Vincenzo Di Nanna, alla vigilia dell’ultima udienza (prevista per domani davanti ai giudici della corte d’assise di Macerata) del processo a carico dei due coniugi accusati di omicidio volontario aggravato e di occultamento di cadavere.
Di Nanna cita il diario clinico penitenziario dell'imputata (rinchiusa nel carcere di Teramo) in cui «è certificato che la detenuta, stante le precarie condizioni psichiche attuali, non è in grado di sopportare il regime di esclusione dalle attività in comune per la durata di giorni quindici (sanzione disciplinare comminata dalla direzione del carcere a seguito del danneggiamento dei mobili della cella) come disposto dal consiglio di disciplina effettuato in data odierna». Di Nanna, che ha sempre sostenuto l’innocenza della sua assistita, continua: «Come potrebbe mai esser eseguita la pena dell'isolamento diurno per tre mesi se le condizioni di salute dell'accusata non le hanno consentito neppure di sopportare l'esclusione dalle attività in comune per 15 giorni?». Secondo di Nanna, il processo «è un grottesco esperimento con una cavia umana». Da luglio del 2011 Reginella e Pruscino sono in carcere (lei a Teramo, lui ad Ascoli) con l’accusa di omicidio volontario aggravato e di occultamento di cadavere del loro figlio di due mesi. Due anni e mezzo nel corso dei quali hanno dato varie versioni dell’accaduto, a volte contraddittorie, accusandosi e scaricando l’uno sull’altro le responsabilità del gesto. Il corpicino per mesi è stato cercato tra Folignano e nei boschi di Casteltrosino dove, secondo i primi racconti dei due, sarebbe stato gettato di notte chiuso in un sacco della spazzatura. A segnalare la scomparsa del piccolo, all’epoca dei fatti, furono i servizi sociali. Inizialmente i due dissero di averlo affidato ad altri familiari e di averlo fatto perchè spaventati dal fatto che anche lui potesse essere allontanato dal tribunale, poi cominciarono ad accusarsi sostenendo che il piccolo sarebbe caduto a terra nel corso di una violenta lite tra i due. (d.p.)
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