Elezioni, le accuse di Chiodi a Forza Italia: «Cancella mezza regione»
L’ex governatore svela il retroscena della sua candidatura con “Noi per l’Italia” e spara sul suo ex partito: «Ha negato la rappresentanza a Teramo e L’Aquila»
TERAMO. «Non sto in un partito che non dà rappresentanza al territorio». L’accettazione della candidatura con “Noi per l’Italia” come capolista nel collegio proporzionale Teramo-l’Aquila per Gianni Chiodi con l’addio polemico a Forza Italia. L’ex governatore ed ex sindaco, che fino all’ultimo era stato in corsa per un posto nella griglia degli aspiranti parlamentari del partito di Silvio Berlusconi, se ne va sbattendo quella porta che gli era stata chiusa in faccia nella corsa verso Roma.
Alla sua pagina Facebook, con un messaggio aperto da uno slogan che suona quasi come una vendetta: «...e invece io ci sarò!», Chiodi ha affidato la ricostruzione dei fatti e dell’interlocuzione notturna con il fedelissimo Mauro Di Dalmazio che l’hanno portato a schierarsi con lo schieramento entrato di recente sulla scena politica nazionale come “quarta gamba” del centrodestra. «Quello che è accaduto non ha precedenti», sottolinea l’ex governatore, “e non è successo da nessun’altra parte». Nessun esponente teramano né aquilano di Forza Italia è stato collocato in posizione eleggibile. «Vuol dire distruggere la rappresentanza territoriale», fa rilevare Chiodi, «mezza regione resta fuori». A pagare l’assenza di voci ai massimi livelli istituzionali sarà proprio quella parte di Abruzzo che negli ultimi anni ha patito le sofferenze inflitte dai terremoti. Chiodi le ricorda, nel sottolineare i dieci anni d’impegno in Comune e poi alla presidenza della Regione, insieme alla crisi economica, al commissariamento della sanità e ad altri «problemi piccoli e grandi». Tutto questo non gli è valsa la possibilità di affrontare una nuova sfida in nome di quelle aree per cui ha tanto lavorato. Lo avrebbe anche accettato se il suo partito «avesse ritenuto di candidare al mio posto uomini e donne del territorio in posizione che almeno consentisse una possibilità di elezione, ma così non è stato».
La permanenza in Forza Italia allora diventa insostenibile e alle 4,37 arriva per messaggio la proposta di Mauro Di Dalmazio. Gli è stato offerto il posto da capolista al proporzionale con “Noi per l’Italia” ma secondo lui dovrebbe essere Chiodi a ricoprirlo.
L’ex governatore rivela di essere rimasto «commosso per una cosi forte dimostrazione di disinteresse personale, oltreché di amicizia». Era frastornato per le scelte di Forza Italia che «avevano umiliato le comunità teramana e aquilana», ha riflettuto e alla fine ha deciso: «Ho gettato il cuore oltre l’ostacolo, quindi ci sarò». La sua candidatura è considerata una variabile imprevista dal Pd, che ieri ha riunito la segreteria provinciale per analizzare le forze in campo. Chiodi drenerà consensi, anche se con un partito non di primo piano, ma i Dem ritengono di poter vincere la partita nel maggioritario alla Camera eleggendo Sandro Mariani. Qualche malumore resta per l’esclusione di Anna Marcozzi dal secondo posto nella lista proporzionale al Senato e per la decisione di Manola Di Pasquale di accettare il quarto, nonostante il partito teramano fosse orientato a tenere fuori dalla corsa i propri rappresentanti. Ruggini i Dem se le porteranno dietro anche per l’influenza del governatore Luciano D’Alfonso, ritenuta eccessiva da una parte della dirigenza, nella scelta dei candidati. Non è il momento delle polemiche, però, né delle rese dei conti.
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Alla sua pagina Facebook, con un messaggio aperto da uno slogan che suona quasi come una vendetta: «...e invece io ci sarò!», Chiodi ha affidato la ricostruzione dei fatti e dell’interlocuzione notturna con il fedelissimo Mauro Di Dalmazio che l’hanno portato a schierarsi con lo schieramento entrato di recente sulla scena politica nazionale come “quarta gamba” del centrodestra. «Quello che è accaduto non ha precedenti», sottolinea l’ex governatore, “e non è successo da nessun’altra parte». Nessun esponente teramano né aquilano di Forza Italia è stato collocato in posizione eleggibile. «Vuol dire distruggere la rappresentanza territoriale», fa rilevare Chiodi, «mezza regione resta fuori». A pagare l’assenza di voci ai massimi livelli istituzionali sarà proprio quella parte di Abruzzo che negli ultimi anni ha patito le sofferenze inflitte dai terremoti. Chiodi le ricorda, nel sottolineare i dieci anni d’impegno in Comune e poi alla presidenza della Regione, insieme alla crisi economica, al commissariamento della sanità e ad altri «problemi piccoli e grandi». Tutto questo non gli è valsa la possibilità di affrontare una nuova sfida in nome di quelle aree per cui ha tanto lavorato. Lo avrebbe anche accettato se il suo partito «avesse ritenuto di candidare al mio posto uomini e donne del territorio in posizione che almeno consentisse una possibilità di elezione, ma così non è stato».
La permanenza in Forza Italia allora diventa insostenibile e alle 4,37 arriva per messaggio la proposta di Mauro Di Dalmazio. Gli è stato offerto il posto da capolista al proporzionale con “Noi per l’Italia” ma secondo lui dovrebbe essere Chiodi a ricoprirlo.
L’ex governatore rivela di essere rimasto «commosso per una cosi forte dimostrazione di disinteresse personale, oltreché di amicizia». Era frastornato per le scelte di Forza Italia che «avevano umiliato le comunità teramana e aquilana», ha riflettuto e alla fine ha deciso: «Ho gettato il cuore oltre l’ostacolo, quindi ci sarò». La sua candidatura è considerata una variabile imprevista dal Pd, che ieri ha riunito la segreteria provinciale per analizzare le forze in campo. Chiodi drenerà consensi, anche se con un partito non di primo piano, ma i Dem ritengono di poter vincere la partita nel maggioritario alla Camera eleggendo Sandro Mariani. Qualche malumore resta per l’esclusione di Anna Marcozzi dal secondo posto nella lista proporzionale al Senato e per la decisione di Manola Di Pasquale di accettare il quarto, nonostante il partito teramano fosse orientato a tenere fuori dalla corsa i propri rappresentanti. Ruggini i Dem se le porteranno dietro anche per l’influenza del governatore Luciano D’Alfonso, ritenuta eccessiva da una parte della dirigenza, nella scelta dei candidati. Non è il momento delle polemiche, però, né delle rese dei conti.
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