Giulia morta sull'A14: il giudice dice no all’archiviazione 

Accolta l’opposizione dei familiari: disposte nuove indagini sulla morte della ragazza precipitata da un viadotto dell’autostrada

TORTORETO. La storia di Giulia Di Sabatino va riscritta. Perchè due anni dopo la ragazza che non c’è più vive in quei cinque faldoni che racchiudono, forse senza spiegarla, la morte di una 19enne con il sogno di Londra precipitata da un viadotto dell’autostrada A14 nel giorno del suo compleanno e dilaniata dalle auto. Il gip Domenico Canosa ha detto no all’archiviazione chiesta dalla Procura che ha indagato per istigazione al suicidio, accogliendo l’opposizione dei familiari.
Con un’ordinanza articolata e certosina in cui più volte sottolinea «la copiosità di contributi tecnici e orali acquisiti dai pm», il giudice ha disposto nuove indagini e indicato in sei mesi il termine ultimo.

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Ha chiesto che vengano sentiti ex novo decine di testi e risentiti altri, tutti nella loro veste di persone informate sui fatti. Si è soffermato sulla necessità di ampliare gli accertamenti sul brecciolino trovato sotto le scarpe della ragazza, di acquisire le immagini riprese da un tutor installato nelle vicinanze del punto in cui la giovane precipitò nel vuoto e di verificare nuovamente alcuni contatti telefonici tra la ragazza e i tre indagati. Si tratta del 25enne finito nelle cronache come l’uomo della Panda rossa, l’ultimo ad aver visto la ragazza viva e ad aver avuto un rapporto sessuale con lei quella notte; dell’uomo con lo scooter che quella sera le diede un passaggio per un tratto di strada e del ragazzo nel cui telefonino sono state trovate immagini osè della 19enne (quest’ultimo indagato per pedopornografia nell’inchiesta aperta dalla distrettuale antimafia dell’Aquila competente per il tipo di reato). A puntellare la richiesta d’archiviazione della Procura (pm Davide Rosati e Enrica Medori) soprattutto i riscontri arrivati dai tabulati e dalle celle telefoniche fatti dai consulenti che avevano confermato la versione del ragazzo della Panda rossa (un 25enne di Mosciano assistito dall’avvocato Cataldo Mariano) sul prima e sul dopo di quella sera.

leggi anche: La mamma: «Mia figlia uccisa Ora merita di avere giustizia» TORTORETO. Quando queste indagini finiranno forse un po’ del suo dolore sarà guarito. Forse. Perchè un genitore non dovrebbe mai sopravvivere alla morte di un figlio. In questi due anni senza Giulia...

«Quella sera l’ho vista per la prima volta e mi sono fermato con la macchina», aveva raccontato nell’interrogatorio davanti ai pm, «abbiamo cominciato a parlare di tutto e dopo qualche tempo abbiamo deciso di andare a casa mia per stare insieme. Per questo ho mandato un sms a mia sorella dicendo che stavo tornando con una persona». I tabulati telefonici passati al setaccio dai consulenti della procura hano escluso ogni contatto tra i due, ogni conoscenza precedente all’incontro di quella sera, l’ultimo nella vita di Giulia. Ma il telefono e il computer di Giulia hanno svelato altro. In particolare dall’esame dell’apparecchio, e dalle telefonate in uscita, i tecnici hanno accertato la presenza di foto osè di giovanissime tra cui anche Giulia, immagini di quando al ragazza era ancora minorenne. La Procura teramana all’epoca della scoperta aveva inviato gli atti alla Procura distrettuale dell’Aquila (competente per questo genere di reati) e il pubblico ministero David Mancini ha aperto il fascicolo ipotizzando a carico dell’uomo intestatario dell’apparecchio a cui sono state inviate le foto il reato di pedopornografia. Indagine che è ancora in corso.
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