Parolisi, la parola alla Cassazione
I giudici della Suprema corte decidono se scarcerare il marito di Melania
TERAMO. Dieci faldoni racchiudono il giallo di Ripe. Raccontano, senza riuscire a spiegarlo, l'omicidio di Melania Rea ed aprono squarci inquietanti sulla vita dell'unico indagato: il marito Salvatore Parolisi, caporal maggiore dell'esercito. Ma senza testimoni, senza un indizio preciso, senza una direzione da imboccare nelle prime 48 ore, la soluzione di un delitto diventa molto difficile. Quello di Melania è uno di questi. Domani approda in Cassazione. I giudici della Suprema Corte dovranno decidere se Parolisi deve restare in carcere o tornare subito in libertà. Sotto esame c'è il provvedimento con cui il tribunale del Riesame dell'Aquila ad agosto ha detto no alla scarcerazione del militare dopo la seconda ordinanza di custodia (quella emessa dal gip teramano Giovanni Cirillo in seguito al passaggio dell'inchiesta da Ascoli a Teramo per competenza territoriale). LA DIFESA. Per i difensori Valter Biscotti, Nicodemo Gentile e Federica Benguardato il marito di Melania è innocente: ha mentito sulla sua relazione extraconiugale ma questo non fa di lui un assassino. E in assenza di una prova regina gli avvocati mettono insieme dubbi ed elementi che scardinano le poche certezze messe insieme in sette mesi d'indagine. Per farlo si affidano anche a periti di fama già entrati in casi di cronaca nazionale come quello di Garlasco e via Poma. Dopo aver puntato sulla presenza di altri Dna rilevati sotto le unghie della vittima, aver sollevato il dubbio sull'ora della morte indicata dall'autopsia, aver parlato dell'impronta di scarpa sulle assi del chiosco di Ripe i legali hanno tirato fuori la traccia di sangue sulla gamba destra di Melania. Quella macchia, secondo loro, potrebbe essere la prova che scagionerebbe Parolisi. Ne sono convinti a tal punto che potrebbero chiedere un incidente probatorio al gip. Si tratterebbe di una striscia di sangue che le indagini hanno refertato sulla coscia destra di Melania e che secondo i legali sarebbe stata lasciata dal polsino di un indumento a manica lunga con delle zigrinature. Ma Parolisi quel giorno indossava una maglietta a maniche corte, senza polsini. L'ACCUSA. Nessuna prova certa, ma tanti indizi: le procure di Ascoli prima e di Teramo dopo da sette mesi lavorano per trasformare i sospetti in certezze. Un percorso ad ostacoli ben delineato in centinaia di atti, reperti nelle mani del Ris e altrettante audizioni. Tutto per puntellare l'impianto accusatorio contro Parolisi. Per i pm il 18 aprile è stato lui ad uccidere Melania: lo ha fatto nel bosco di Ripe, forse mentre la figlioletta dormiva in auto, perchè stretto tra le bugie raccontate alla soldatessa amante (in quei giorni lo aspettava ad Amalfi per presentargli i genitori) e quelle alla moglie a cui aveva detto che con l'altra era tutto finito. Ha mentito quando ha detto che quel 18 aprile era con la moglie a Colle San Marco perchè nessuno li ha visti. Ma la prova regina non c'è.
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