Teatro romano di Teramo, la denuncia di Pannella
Palazzo Adamoli non demolito, il leader dei radicali: il gioiello di Teramo danneggiato
TERAMO. «Danneggiamento al patrimonio archeologico, storico e artistico». Marco Pannella e Piero Chiarini ipotizzano questo reato nell'esposto inviato alla procura della Repubblica sul mancato abbattimento di palazzo Adamoli. Il leader radicale e il presidente di Teramo Nostra firmano così una denuncia che evidenzia come i soldi pubblici destinati alla demolizione dell'immobile e al recupero del teatro siano stati utilizzati per tutt'altro scopo. La vicenda inizia 14 anni fa e arriva fino ad oggi, con il partito e l'associazione impegnati nella battaglia per la difesa dei reperti custoditi nell'area archeologica.
L'esposto, depositato in procura dall'avvocato Vincenzo Di Nanna, ripercorre le tappe di questa storia. Era il 1998 quando il ministero dei beni culturali stanziò 910 milioni di lire per l'acquisto e l'abbattimento del palazzo. A quel punto sarebbe stato sufficiente esercitare la prelazione per chiudere la partita ma né il Comune né la sovrintendenza sfruttarono questa oppportunità in tempo utile. L'amministrazione cittadina si mosse solo quattro giorni prima della scadenza del diritto e nonostante l'emissione immediata del decreto da parte del ministero l'atto venne protocollato quando ormai il termine era stato superato da una settimana.
LA DOPPIA VENDITA. Nel frattempo l'edificio era stato acquistato dall'immobiliare Costa Verde spendendo 905 milioni. Appena due anni dopo, nel 2002, la proprietà venne ceduta all'Immobiliare 11 di Juanita Maurini per oltre 1,2 milioni di euro. «Un'operazione a dir poco anomala», la definiscono Pannella e Chiarini considerato il raddoppio del prezzo per l'acquisto di un immobile destinato alla demolizione e comunque bloccato da un vincolo archeologico.
LA BEFFA. A fine 2004 la Regione acquistò palazzo Adamoli spendendo 1,3 milioni di euro allo scopo di abbatterlo per riportare alla luce il teatro romano. Nel 2008 si scoprì, però, che due stanze dell'edificio non erano state cedute e che servivano altri soldi per acquisirle. La sorpresa più amara è arrivata quando è stata rimossa la recinzione del cantiere che racchiudeva l'edificio. «Non solo non si è proceduto ad alcuna demolizione», affermano Pannella e Chiarini, «ma addiriturra sono state poste in essere opere di restauro del palazzo, con l'edificazione di un enorme contrafforte di cemento armato che, collocato al centro dell'area ove insiste il teatro, produce uno scioccante e deturpante impatto architettonico».
LA DENUNCIA. Secondo il leader radicale e il presidente di Teramo Nostra, dunque, si configura il reato di danneggiamento al patrimonio archeologico, storico e artistico per il quale la procura dovrebbe individuare i responsabili. Il deturpamento del teatro romano, inoltre, sono sarebbe limitato a questa vicenda. Pannella e Chiarini fanno notare infatti che il danneggiamento prosegue con l'intenzione di Comune e sovrintendenza archeologica di spostare 1.400 reperti custoditi nell'area.
L'esposto, depositato in procura dall'avvocato Vincenzo Di Nanna, ripercorre le tappe di questa storia. Era il 1998 quando il ministero dei beni culturali stanziò 910 milioni di lire per l'acquisto e l'abbattimento del palazzo. A quel punto sarebbe stato sufficiente esercitare la prelazione per chiudere la partita ma né il Comune né la sovrintendenza sfruttarono questa oppportunità in tempo utile. L'amministrazione cittadina si mosse solo quattro giorni prima della scadenza del diritto e nonostante l'emissione immediata del decreto da parte del ministero l'atto venne protocollato quando ormai il termine era stato superato da una settimana.
LA DOPPIA VENDITA. Nel frattempo l'edificio era stato acquistato dall'immobiliare Costa Verde spendendo 905 milioni. Appena due anni dopo, nel 2002, la proprietà venne ceduta all'Immobiliare 11 di Juanita Maurini per oltre 1,2 milioni di euro. «Un'operazione a dir poco anomala», la definiscono Pannella e Chiarini considerato il raddoppio del prezzo per l'acquisto di un immobile destinato alla demolizione e comunque bloccato da un vincolo archeologico.
LA BEFFA. A fine 2004 la Regione acquistò palazzo Adamoli spendendo 1,3 milioni di euro allo scopo di abbatterlo per riportare alla luce il teatro romano. Nel 2008 si scoprì, però, che due stanze dell'edificio non erano state cedute e che servivano altri soldi per acquisirle. La sorpresa più amara è arrivata quando è stata rimossa la recinzione del cantiere che racchiudeva l'edificio. «Non solo non si è proceduto ad alcuna demolizione», affermano Pannella e Chiarini, «ma addiriturra sono state poste in essere opere di restauro del palazzo, con l'edificazione di un enorme contrafforte di cemento armato che, collocato al centro dell'area ove insiste il teatro, produce uno scioccante e deturpante impatto architettonico».
LA DENUNCIA. Secondo il leader radicale e il presidente di Teramo Nostra, dunque, si configura il reato di danneggiamento al patrimonio archeologico, storico e artistico per il quale la procura dovrebbe individuare i responsabili. Il deturpamento del teatro romano, inoltre, sono sarebbe limitato a questa vicenda. Pannella e Chiarini fanno notare infatti che il danneggiamento prosegue con l'intenzione di Comune e sovrintendenza archeologica di spostare 1.400 reperti custoditi nell'area.
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