Un paese diventa musulmano
San Mauro contro l’istituto diocesano: «Non ci ha difesi».
MONTORIO. Un intero paese diventa musulmano. A metà fra provocazione e realtà, gli abitanti di San Mauro, frazione di Montorio, delusi dal comportamento dell’istituto diocesano annunciano di voler abbandonare la religione cattolica per abbracciare quella di Allah. Tutto è nato da una pista motoristica.
La storia viene raccontata da Dario Marcacci, abitante di San Mauro e presidente del comitato di cittadini, che ormai ha raggiunto un centinaio di adesioni. «Qualche mese fa», afferma, «un imprenditore ha costituito la società Autodromo San Mauro srl e ha fatto un’offerta all’istituto diocesano, proprietario di un terreno con azienda agricola annessa. Un’offerta di 500mila euro. In un primo momento l’istituto ha rispettato il diritto prelazione, comunicando all’affittuario dell’azienda agricola che questa veniva messa in vendita.
Nei tempi di legge l’affittuario ha esercitato il diritto di prelazione, fino ad arrivare il 23 dicembre all’appuntamento dal notaio per stipulare la compravendita e contestualmente accendere il mutuo. Ma l’istituto diocesano non si è presentato all’appuntamento. Lo stesso pomeriggio, dallo stesso notaio, si è presentato l’istituto diocesano con il titolare dell’Autodromo San Mauro srl e hanno stipulato l’atto di compravendita. La mattina del 24 lo studio notarile ha registrato l’atto».
A quel punto la piccola comunità di San Mauro insorge. Già precedentemente era stata presentata un raccolta di firme contro l’operazione, considerata rischiosa per l’inquinamento acustico e atmosferico della zona. Il comitato va dal sindaco di Montorio, Alessandro Di Giambattista, a metà gennaio. «Ci risponde che in Comune non c’è ancora nessun progetto, quando ci sarà, sarà avviata una discussione con noi», dice il portavoce del comitato, «a fine marzo il progetto viene presentato in Comune, ma il sindaco non ci contatta, anzi, la realizzazione del motodromo diventa il punto forte della sua campagna elettorale».
Passate le elezioni, ora scatta la seconda parte della protesta. «Noi siamo stati abituati dai nostri genitori e dai sacerdoti a salvaguardare il debole dai soprusi del più forte», incalza Marcacci, «e ci siamo accorti che l’istituto diocesano ha fatto il contrario. I preti sono uomini ed è ammissibile l’errore, ma istituto diocesano è un organismo e ogni atto dovrebbe essere riflettuto. Noi a questo punto ci poniamo dei dubbi su quello che è giusto, su quello che ci è stato insegnato da piccoli sulla dottrina cattolica. Per questo abbiamo deciso di aderire alla dottrina musulmana: abbiamo già preso contatti con imam della comunità islamica abruzzese e faremo degli incontri». Un primo incontro preliminare è avvenuto già ieri sera.
Non solo: «se una frazione intera vuole cambiare religione dovrà avere posto dove esercitare il culto, bisognerà costruire una moschea a San Mauro», annuncia Dario Marcacci, «noi d’altronde non possiamo non notare che l’istituto diocesano, gestito in parte dalla curia in parte da laici, ha sconfessato quello che da duemila anni predica il cattolicesimo. Noi abbiamo apprezzato quando vescovo di Chieti ha parlato in favore degli operai in difficoltà della Burgo, qui a Teramo invece succede il contrario».
Intanto a margine c’è la battaglia legale dell’affittuario, che ha esercitato il diritto di riscatto. Intanto i circa 17 ettari contesi nelle campagne di Montorio rimarranno nelle mani dell’affittuario che ha contratto di locazione per altri due anni.
La storia viene raccontata da Dario Marcacci, abitante di San Mauro e presidente del comitato di cittadini, che ormai ha raggiunto un centinaio di adesioni. «Qualche mese fa», afferma, «un imprenditore ha costituito la società Autodromo San Mauro srl e ha fatto un’offerta all’istituto diocesano, proprietario di un terreno con azienda agricola annessa. Un’offerta di 500mila euro. In un primo momento l’istituto ha rispettato il diritto prelazione, comunicando all’affittuario dell’azienda agricola che questa veniva messa in vendita.
Nei tempi di legge l’affittuario ha esercitato il diritto di prelazione, fino ad arrivare il 23 dicembre all’appuntamento dal notaio per stipulare la compravendita e contestualmente accendere il mutuo. Ma l’istituto diocesano non si è presentato all’appuntamento. Lo stesso pomeriggio, dallo stesso notaio, si è presentato l’istituto diocesano con il titolare dell’Autodromo San Mauro srl e hanno stipulato l’atto di compravendita. La mattina del 24 lo studio notarile ha registrato l’atto».
A quel punto la piccola comunità di San Mauro insorge. Già precedentemente era stata presentata un raccolta di firme contro l’operazione, considerata rischiosa per l’inquinamento acustico e atmosferico della zona. Il comitato va dal sindaco di Montorio, Alessandro Di Giambattista, a metà gennaio. «Ci risponde che in Comune non c’è ancora nessun progetto, quando ci sarà, sarà avviata una discussione con noi», dice il portavoce del comitato, «a fine marzo il progetto viene presentato in Comune, ma il sindaco non ci contatta, anzi, la realizzazione del motodromo diventa il punto forte della sua campagna elettorale».
Passate le elezioni, ora scatta la seconda parte della protesta. «Noi siamo stati abituati dai nostri genitori e dai sacerdoti a salvaguardare il debole dai soprusi del più forte», incalza Marcacci, «e ci siamo accorti che l’istituto diocesano ha fatto il contrario. I preti sono uomini ed è ammissibile l’errore, ma istituto diocesano è un organismo e ogni atto dovrebbe essere riflettuto. Noi a questo punto ci poniamo dei dubbi su quello che è giusto, su quello che ci è stato insegnato da piccoli sulla dottrina cattolica. Per questo abbiamo deciso di aderire alla dottrina musulmana: abbiamo già preso contatti con imam della comunità islamica abruzzese e faremo degli incontri». Un primo incontro preliminare è avvenuto già ieri sera.
Non solo: «se una frazione intera vuole cambiare religione dovrà avere posto dove esercitare il culto, bisognerà costruire una moschea a San Mauro», annuncia Dario Marcacci, «noi d’altronde non possiamo non notare che l’istituto diocesano, gestito in parte dalla curia in parte da laici, ha sconfessato quello che da duemila anni predica il cattolicesimo. Noi abbiamo apprezzato quando vescovo di Chieti ha parlato in favore degli operai in difficoltà della Burgo, qui a Teramo invece succede il contrario».
Intanto a margine c’è la battaglia legale dell’affittuario, che ha esercitato il diritto di riscatto. Intanto i circa 17 ettari contesi nelle campagne di Montorio rimarranno nelle mani dell’affittuario che ha contratto di locazione per altri due anni.