Damiani: "Da metà anni ’90 puntiamo sui parchi e sull’economia sostenibile"
PESCARA. Giovanni Damiani, è favorevole al recente accordo Confindustria-sindacati sull'apertura alle attività estrattive di idrocarburi in Abruzzo?
«Contrario. Da un'analisi economica seria si capisce che un'ipotesi di Abruzzo petrolifero sarebbe fallimentare».
Perché?
«Perché l'Abruzzo, dalla seconda metà degli anni '90 in poi, ha puntato ingenti quantità di risorse su un'economia sostenibile e legata alla natura. Penso al sistema dei parchi, che sono ormai un'attrattiva anche extranazionale. Basta guardare all'autostrada Pescara-Roma nei fine settimana: è affollata da colonne di turisti che dalla Capitale vengono a visitare i nostri parchi dove, spesso, hanno anche delle seconde case. Pensiamo alla crescente presenza, negli ultimi anni, nelle zone dei parchi, di inglesi, grazie anche all'aeroporto di Pescara. Inglesi che ristrutturano vecchi casolari e a volte si stabiliscono in Abruzzo. E pensiamo a cosa significano, dal punto di vista economico, fenomeni come quelli degli agriturismi, che prima non esistevano, dei prodotti tipici, del patrimonio storico e archeologico, del vino e dell'olio di oliva di qualità, dei prodotti lattiero-caseari. Tutte cose che contribuiscono a creare un'economia integrata e diffusa di assoluto rilievo».
Ma è un'economia solida oltre che eco-sostenibile?
«Caspita se lo è. E' un'economia che ha retto anche di fronte alla grande crisi internazionale legata alla manifattura. Se non avessimo avuto questo tipo di economia, oggi saremmo in ginocchio, con il crollo che c'è stato della manifattura. Tutto questo sistema confligge con un'ipotesi di Abruzzo petrolifero perché non c'è un solo insediamento petrolifero che possa essere definito pulito. Tutti quegli impianti hanno un forte impatto ambientale con rischi elevati di incidenti e sono incompatibili con il nostro sistema sotto tre punti di vista: economico, ecologico e sociale».
Chi è favorevole ad insediamenti petroliferi sostiene che essi creano posti di lavoro. E' così?
«Sicuramente creano posti di lavoro, ma vorrei chiarire tre cose su questo tema. Primo: stiamo parlando di un tipo di industria a elevato livello di automazione e, quindi, il numero dei posti di lavoro creati sarebbe minimo. Secondo: il livello di specializzazione del lavoro è così alto che ad occupare i posti meglio retribuiti sarebbero tecnici provenienti da fuori regione o dall'estero. Terzo e ultimo: l'impatto ambientale fa perdere più posti di lavoro di quanti non ne faccia guadagnare. Gli insediamenti petroliferi hanno sempre storicamente comportato effetti di questo genere».
«Contrario. Da un'analisi economica seria si capisce che un'ipotesi di Abruzzo petrolifero sarebbe fallimentare».
Perché?
«Perché l'Abruzzo, dalla seconda metà degli anni '90 in poi, ha puntato ingenti quantità di risorse su un'economia sostenibile e legata alla natura. Penso al sistema dei parchi, che sono ormai un'attrattiva anche extranazionale. Basta guardare all'autostrada Pescara-Roma nei fine settimana: è affollata da colonne di turisti che dalla Capitale vengono a visitare i nostri parchi dove, spesso, hanno anche delle seconde case. Pensiamo alla crescente presenza, negli ultimi anni, nelle zone dei parchi, di inglesi, grazie anche all'aeroporto di Pescara. Inglesi che ristrutturano vecchi casolari e a volte si stabiliscono in Abruzzo. E pensiamo a cosa significano, dal punto di vista economico, fenomeni come quelli degli agriturismi, che prima non esistevano, dei prodotti tipici, del patrimonio storico e archeologico, del vino e dell'olio di oliva di qualità, dei prodotti lattiero-caseari. Tutte cose che contribuiscono a creare un'economia integrata e diffusa di assoluto rilievo».
Ma è un'economia solida oltre che eco-sostenibile?
«Caspita se lo è. E' un'economia che ha retto anche di fronte alla grande crisi internazionale legata alla manifattura. Se non avessimo avuto questo tipo di economia, oggi saremmo in ginocchio, con il crollo che c'è stato della manifattura. Tutto questo sistema confligge con un'ipotesi di Abruzzo petrolifero perché non c'è un solo insediamento petrolifero che possa essere definito pulito. Tutti quegli impianti hanno un forte impatto ambientale con rischi elevati di incidenti e sono incompatibili con il nostro sistema sotto tre punti di vista: economico, ecologico e sociale».
Chi è favorevole ad insediamenti petroliferi sostiene che essi creano posti di lavoro. E' così?
«Sicuramente creano posti di lavoro, ma vorrei chiarire tre cose su questo tema. Primo: stiamo parlando di un tipo di industria a elevato livello di automazione e, quindi, il numero dei posti di lavoro creati sarebbe minimo. Secondo: il livello di specializzazione del lavoro è così alto che ad occupare i posti meglio retribuiti sarebbero tecnici provenienti da fuori regione o dall'estero. Terzo e ultimo: l'impatto ambientale fa perdere più posti di lavoro di quanti non ne faccia guadagnare. Gli insediamenti petroliferi hanno sempre storicamente comportato effetti di questo genere».
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