Emergenza scuola: l’Abruzzo perde 10mila studenti in quattro anni. Chieti e Pescara in cima alla lista

Il report dell’Ufficio scolastico regionale preoccupa: nell’ultimo anno meno 2.607 studenti. Pino La Fratta, segretario Flc-Cgil Abruzzo e Molise: «Un dato choc, ma la politica lo sottovaluta»
PESCARA. Lo scorso anno, di questi stessi tempi, affermavamo che la realtà delle nostre aree interne, in termini di numeri, iscrizioni e organico, superava la finzione. Erano, infatti, i mesi in cui un film di successo ambientato in una delle aree più belle e più svantaggiate della provincia aquilana sembrava aver acceso un dibattito sui dati relativi allo spopolamento e speravamo che questa attenzione mediatica potesse trasformarsi in un osservatorio permanente con conseguenti strategie risolutive. Non speravamo certo che in un solo anno la politica ragionale e nazionale potesse invertire la tendenza, ma la realtà è che nessuno sembra nemmeno tenerne conto. Restiamo “Un mondo a parte”.
IN 4 ANNI SONO 10MILA! In questi giorni, ci vengono forniti dall’Ufficio Scolastico Regionale i dati relativi alle iscrizioni e la conseguente ricaduta che queste hanno sugli organici del personale scolastico, docente ed Ata, che, come noto, è ancora parametrato dal Dpr 81 del 2009. In sede di informativa, il 28 marzo scorso, abbiamo appreso che in Abruzzo per l’anno scolastico 2025/26 si prevedono 2.607 alunni ed alunne in meno rispetto all’anno scolastico in corso. La popolazione studentesca della scuola pubblica abruzzese per l’anno scolastico 2025/26 ammonterà, dunque, a 157.764 unità distribuite su tutti i gradi di scuola. Questo dato, desunto dalle iscrizioni, fa segnare sì una perdita di 2.607 alunni ed alunne rispetto allo scorso anno, ma se incrociato con quelli degli ultimi 4 anni, la perdita totale ammonta a ben 9.851 iscritti ed iscritte in meno.
IL PRIMO EFFETTO. L’effetto (ovviamente negativo) è che le 2.607 iscrizioni in meno, in termini di organico docenti per il prossimo anno scolastico, si declineranno in una perdita di 113 posti in organico di diritto (- 24 Chieti, - 25 L’Aquila, - 34 Pescara e - 30 Teramo), mentre negli anni precedenti si era riusciti ad evitare il taglio, e ciò aveva favorito un aumento del tempo scuola e classi più adeguate al contesto territoriale.
LA MORTE LENTA. Si tratta, da qualunque angolazione si vogliano leggere, di dati che confermano l’inesorabile declino delle nostre aree più interne, frutto di una combinazione dannosa tra spopolamento e denatalità. Dati che meriterebbero da soli un impegno politico non più procrastinabile, poiché la ricaduta che spopolamento e denatalità hanno sulla scuola è solo la punta dell’iceberg. La parte sommersa dell’iceberg parla dell’abbandono delle aree interne da parte dello Stato che, privando la popolazione dei servizi essenziali (sanità e trasporti in primis) e non attivando politiche produttive e del lavoro, ha gradualmente favorito lo spopolamento.
PIÙ FRAGILI. Se leggiamo con attenzione i dati forniti dall’Usr Abruzzo notiamo anche l’aumento preoccupante e significativo dei posti di sostegno e questo è un allarme sociale su cui non si può tacere perché testimonia una fragilità della popolazione ormai evidente. I posti di sostegno sono per lo più per i precari poiché da anni non si procede alla stabilizzazione del personale specializzato che vive annualmente incertezze lavorativa ed economica a danno degli alunni e delle alunne, a cui non viene garantita la continuità didattica. Quella continuità che è un fattore fondamentale nel rapporto tra docente e discente e non si risolve certo con la richiesta della famiglia di confermare l’insegnante precario anche non specializzato, come vorrebbe il ministro Giuseppe Valditara, ma attraverso una seria politica di stabilizzazione, uguale per tutti e gestita attraverso procedure di reclutamento trasparenti e diffuse.
RECORD DI PRECARI. In Abruzzo il numero del personale precario sul sostegno ha superato il 50% dei posti. Da anni la nostra organizzazione sindacale rivendica la necessità della stabilizzazione sui posti di sostegno, nonché la necessità della revisione dei parametri per l’attribuzione degli organici docenti ed Ata. Abbiamo bisogno di misure legislative che superino il Dpr 81 e che tengano conto delle particolarità dei territori e delle loro esigenze. Riteniamo che la politica dovrebbe trovare soluzioni ad un problema che non è più rinviabile, magari evitando anche lo spreco di risorse che potrebbero essere investite per misure strutturali da monitorare e verificare costantemente.
L’ERRORE STRATEGICO. Le enormi risorse del Pnrr che si sono abbattute sul sistema scuola, affaticandone tutte le componenti, potevano essere impiegate per la ripresa economica dei territori su cui le scuole insistono e favorire la permanenza della scuola nei luoghi più interni lavorando al ripristino dei servizi essenziali. Non è un caso che i numeri più alti di dispersione scolastica riguardano proprio i ragazzi e le ragazze provenienti dalle aree socialmente ed economicamente più svantaggiate.
ANTICOSTITUZIONALE. I dati che ci sono stati forniti dall’Usr immortalano la realtà attuale, ma noi riteniamo che sia compito della politica avere una visione di prospettiva e, laddove, la prospettiva sia di impoverimento, trovare le modalità e le risorse per rimuovere, come afferma l’articolo 3 della nostra Costituzione, gli ostacoli di ordine economico e sociale, per realizzare l’uguaglianza sostanziale e non formale. La politica, sia regionale sia nazionale, non può limitarsi a fotografare l’esistente, ma dovrebbe impegnarsi a rimuovere tali disparità di trattamento, in attuazione dei principi costituzionali. La direzione in cui si sta andando, invece, sembra diametralmente opposta. I progetti di autonomia differenziata, di regionalizzazione dell’istruzione e di dimensionamento scolastico messi in campo, minano alla base l’idea di una scuola pubblica nazionale e mettono fortemente in discussione l’unità del sistema dei diritti. Ma noi continueremo a mobilitarci in ogni modo per fermare questo declino. * segretario generale Flc Cgil Abruzzo Molise
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