ABRUZZO

Ultimi giorni di pesce fresco dall'Adriatico, scatta il fermo biologico

Stop delle marinerie (da San Benedetto a Termoli) dal 17 agosto al 15 settembre, barche in banchina nei porti di Pescara, Giulianova, Ortona e Vasto, Ma è polemica

PESCARA. Ultimo giorni di pesce fresco dall'Adriatico. Il 17 agosto scatta anche per la marineria abruzzese il fermo biologico pensato contro l'impoverimento delle specie ittica nel mare e consentire la ripopolazione. E' già in vigore dal 30 luglio e fino al 6 settembre da Trieste ad Ancona, da Bari a Manfredonia fino al 29 agosto e il 17 scatta da San Benedetto del Tronto a Termoli (compreso quindi tutto l'Abruzzo) fino al 15 settembre.

Il provvedimento è stato adottato come al solito dal ministero d'intesa con le Regioni e una volta sentiti i rappresentanti della marineria. Fermo pesca vuol dire che un centinaio di barche restano in banchina nei maggiori porti di Giulianova, Pescara, Ortona e Vasto, e di Termoli nel Molise. Oltre mille i lavoratori coinvolti. Previsti i contributi che tuttavia i pescatori sono soliti aspettare per diversi mesi, se non anni, prima di riceverli. E i ristoratori sono costretti a ordinare il prodotto ittico (sempre fresco per carità) ma dal Tirreno.

In questo periodo gli armatori in genere ne approfittano per effettuare i lavori di manutenzione, ma quest'anno le risorse sono scarse a causa del blocco per la pandemia. Inoltre,come lo scorso anno, in aggiunta ai periodi fissati i pescherecci dovranno effettuare ulteriori giorni di blocco che vanno da 7 a 17 giorni a seconda della zona di pesca e del tipo di risorsa pescata.

Coldiretti impresapesca calcola che l'intero settore abbia subito (come altri) 500 milioni di euro per effetto della produzione invenduta, perdite economiche derivanti dal crollo dei prezzi e dal deprezzamento delle specie ittiche a maggior pregio non richieste dalla ristorazione, ancora alla prese con una difficile ripartenza.

Per questo motivo il fermo ha già fatto insorgere le marinerie. Polemiche ci sono già state nelle Marche e in Romagna perché il provvedimento “non serve a niente” e, soprattutto, blocca l’attività dei pescatori e degli armatori nel periodo migliore per il mercato.

"Se il lockdown dei mesi scorsi ha già favorito il consumo di prodotto surgelato, che in 9 casi su 10 arriva dall’estero, il fermo aumenta ulteriormente il rischio – sottolinea Impresapesca Coldiretti – di ritrovarsi prodotto straniero nel piatto per grigliate, zuppe e fritture, soprattutto al ristorante dove il pescato viene servito già preparato, se non si tratta di quello fresco made in Italy proveniente dalle altre zone dove non è in atto il fermo pesca, dagli allevamenti nazionali o dalla seppur limitata produzione locale dovuta alle barche delle piccola pesca che possono ugualmente operare". “Per non cadere in inganni pericolosi per la salute occorre garantire la trasparenza dell’informazione ai consumatori dal mare alla tavola estendendo l’obbligo dell’indicazione di origine anche ai menu dei ristoranti con una vera e propria ”carta del pesce’” dichiara il presidente della Coldiretti Ettore Prandini.

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