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8 MARZO

Oggi, ma nel 1964, nella frazione Velia di Ascea, in provincia di Salerno, nell’area archeologica greca dell'antica Elea-Velia, Mario Napoli, dal 1960 direttore della Soprintendenza archeologica di Salerno e Potenza, scopriva la Porta Rosa (nella foto, particolare). Veniva chiamata così non per il colore dei riflessi dei mattoni al crepuscolo, come erroneamente creduto in un primo momento, ma in onore della moglie Rosa De Franciscis, sorella minore dell’archeologo partenopeo Alfonso, soprintendente prima di Messina e poi di Napoli, professore di archeologia nell’università di Salerno e poi nell'ateneo di Messina.

La Porta Rosa rappresentava l’esempio unico e più antico, presente in ambiente greco, di viadotto, di costruzione italica, avente impianto ad arco a tutto sesto, presente nel Belpaese e più in generale nell’area del Mediterraneo. Il manufatto verrà considerato dagli addetti ai lavori un vero gioiello dell’architettura del tempo. Al momento del ritrovamento era sepolto, ma ben conservato, situato a picco sul mare del Cilento. La scoperta avveniva in un’area di antica polis della Magna Grecia, del VI secolo avanti Cristo.

L’arco, composto da 11 conci di pietra arenaria, oltre a quella di viadotto, svolgeva pure la funzione di contenimento delle pareti della gola che collegava il passaggio tra il quartiere meridionale e quello settentrionale della cittadina. Nel III secolo avanti Cristo l’arco era stato ostruito e l’intera struttura era stata interrata, accidentalmente da una frana o volontariamente da intervento umano per chiudere l’apertura che rappresentava un punto critico nella difesa della zona dagli attacchi dei nemici. L’interramento aveva comunque contribuito notevolmente alla buona conservazione. Gli scavi per riportare alla luce la Porta Rosa inizieranno nel 1971. Nel novembre 1966, sempre nel complesso di Elea-Velia, Napoli troverà anche il busto raffigurante il filosofo greco Parmenide. L’archeologo, classe 1915, napoletano, tra l’altro professore di Storia della Magna Grecia all’università di Salerno, già attivo dal 1949 negli scavi dell’antica Partenope nella zona del ponte di Chiaia, il 3 giugno 1968, scoverà pure la Tomba del tuffatore, a Paestum, sempre in quel di Salerno, nella necropoli di fine VI secolo avanti Cristo, in località Tempa del prete, con l’affresco ritenuto di estremo valore artistico.