VASTO
Il caso Franchino: fu spinta o pacca? Barista patteggia 4 anni e 6 mesi per omicidio
Morì dodici ore dopo una caduta: contestata anche l'omissione di soccorso
VASTO. Con il patteggiamento della pena di 4 anni e sei mesi di reclusione si è concluso ieri pomeriggio il processo a carico di G.S., 30 anni, barista di Furci, accusato della morte di Franco Mancini, 50 anni, per tutti in città "Franchino", alla Marina di Vasto. Omicidio preterintenzionale per la Procura. E il giudice ha aggiunto la contestazione dell’omissione di soccorso per avere provocato con una spinta la morte di Franchino lasciandolo poi su una panchina.
Per la Procura, avrebbe provocato la morte del 50enne spingendolo fuori dal locale in cui si trovava «con una manata al torace»: «Avrebbe fatto perdere l’equilibrio a Franchino determinando la caduta all’indietro e il conseguente impatto della testa sull’asfalto. Subito dopo l’indagato ha sollevato Mancini da terra e lo ha accompagnato sul lato opposto della strada lasciandolo su una panchina nei pressi della quale il mattino successivo è stato trovato, soccorso e trasportato in ospedale in stato di coma a causa di una emorragia cerebrale massiva». Franco Mancini morì alle 14 del 3 settembre, otto ore dopo il ritrovamento e 12 ore dopo la caduta. Per la difesa non c'è stata alcuna manata ma una semplice e amichevole pacca, tantomeno la volontà di voler uccidere Franchino.
L’imputato davanti al gup Fabrizio Pasquale, era assistito dall’avvocato Antonello Cerella. Quest’ultimo, davanti al rischio di una condanna di oltre 10 anni, ha chiesto di poter patteggiare per il proprio assistito la pena di 4 anni e sei mesi di reclusione. Il pm Vincenzo Chirico ha acconsentito. I familiari di Franchino, il fratello Michele e la sorella Maria Chiara si sono costituiti parte civile. (p.c.)
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