La festa del Centro: ecco il mondo visto da Chieti, l’editoriale di Telese

29 Marzo 2025

Per prosperare le industrie hanno bisogno dei saldatori teatini e di quelli indiani, e poi delle bravissime operaie dolciarie che in Abruzzo preparano quel capolavoro che si chiama “Amaretto”. Nessuna “informazione locale” ha senso se non ha chiara anche la dimensione globale

CHIETI. In questo articolo si parla di Chieti, di mondo, di merci, di dazi, e (ovviamente) di uova. Non sono pazzo, seguite il ragionamento. Ero sul palco del teatro Marrucino, stavo parlando a braccio, ma come sempre accade – quando vai nei luoghi – ciò che hai nella testa si sposa con quello che hai sotto i piedi. E quindi era come se sotto il tavolato del palco del tempio della cultura della Chieti alta scorresse il fiume dell’export che rende grande la Chieti bassa, lo scalo che è affacciato sul mondo. Mentre parlo sto dicendo «il nuovo Centro è un quotidiano “glocal”» e mai come in questo territorio sai che il teorema viene verificato ogni giorno: non esiste più nessuna “informazione locale” che abbia senso, se non ha chiara anche la dimensione globale, e lo stesso si può dire dell’economia, della cultura e della politica. Ci sono almeno dieci aziende che partendo da questo scalo si affacciano sul mondo.

E quindi – solo per fare un esempio – raccontiamo su quel palco con Luca Tosto, di come la sua Azienda stia partecipando ad un progetto di fusione nucleare che coinvolge quasi quaranta Paesi e tre continenti: è ovvio che oggi, se racconti come abbiano fatto, l’impresa dei saldatori chietini che hanno realizzato un oggetto industriale futuristico mai costruito prima, non puoi non raccontare che al loro fianco nella Walter Tosto ci sono anche gli indiani (giovani reclutati in India che si sono integrati senza traumi nel tessuto sociale abruzzese). E poi devi anche spiegare che parte importante di questo progetto sono i russi che hanno “inventato” il reattore costruito dalla Walter Tosto (i lettori attenti ricorderanno il suo nome, il “Tocamac”).

Dunque un tempo fare “informazione locale” avrebbe potuto limitarsi al racconto del successo di questa o di quella impresa che aumenta il fatturato del suo prodotto. Mentre oggi per raccontare e spiegare il successo della Walter Tosto bisogna raccontare un progetto che viaggia su scala globale, una speranza di energia pulita che metterebbe fine a molte guerre del tempo fossile, e aggiungere al racconto del presente locale, un pezzo di mondo e un pezzo di futuro. Non solo.

Per raccontare il successo della Dompé, una multinazionale farmaceutica che ha inventato l’Oki e realizzato Il Nerve Growth Factor (ovvero una proteina endogena scoperta da Rita Levi Montalcini contro la cecità), devi spiegare che questa multinazionale italiana ha la sua sede più importante all’Aquila e da lì serve tutto il mondo, soprattutto gli Stati Uniti dove vende più del 70% del suo fatturato.

Senza Dompé migliaia di cittadini americani che oggi grazie al suo NWG vedono, domani sarebbero ciechi. Ma con i dazi il NWG prodotto in Abruzzo potrebbe non arrivare più in America.

Così, per spiegare la follia della crisi economica che stiamo vivendo dobbiamo raccontare delle uova canadesi che quando Trump le ha sottoposte a dazio costavano tre euro a scatola, e ora in America costano da sei a nove dollari a scatola. E così vengono importate clandestinamente attraverso il confine del Messico in una rete di contrabbando folle che trasporta insieme Fentalyn e uova, scatole di cartone e pacchi di droga.

Per questo, dal ponte di comando del palco del Marrucino, vedi meglio il mondo, per questo il nuovo Centro deve avere dieci pagine di cronache italiane e di esteri, e di sport e di cultura, dove si va dal Pescara di Baldini alla pallavolo di Paola Egonu. Per questo la cosa più attuale che ho letto in questi giorni è l’apologo di un liberale francese, Frédéric Bastiat, che nel 1845 pubblica il racconto satirico contro un male del suo tempo (indovinate quale? I dazi!). E lo intitola: “Petizione dei fabbricanti di candele”. Testo geniale contro il protezionismo.

Bastiat immagina un'assurda petizione nella quale “i produttori di candele, lampade, lampadari, lampioni, smoccolatoi, candelabri e produttori di sego, olio, resina, alcool e in generale tutto ciò che riguarda l'illuminazione” si accordano per chiedere all'Assemblea nazionale francese l'applicazione, da parte dello Stato, di leggi e misure protezionistiche al fine di proteggere i loro prodotti dalla pericolosa competizione di una pericolosa potenza estera. La Russia? L’America? Il Canada? No, il Sole.

Nulla di più attuale, in un mondo in cui tutto accadde con corsi e ricorsi storici. Solo la cultura ci aiuta a decifrare il presente grazie al passato. Bastiat è lo stesso intellettuale che disse: “Dove non passano le merci prima o poi passano gli eserciti”. Terribile, vero, e purtroppo attualissimo. E a Chieti scalo, come nella pianura padana, come nella operosissima provincia italiana che salva il bilancio italiano con il miracolo dell’export, tutti capiscono che per prosperare le industrie, i saldatori teatini e quelli indiani, i lavoratori e le lavoratrici operaie del distretto farmaceutico dell’Aquila, e le bravissime operaie alimentari che in Abruzzo realizzano quel capolavoro dolciario che si chiama “Amaretto”, hanno bisogno di una sola cosa.

Un mondo in cui gli uomini, le idee e le uova producono ricchezza perché circolano senza incontrare muri. Dopotutto la democrazia può essere anche un pacco di uova.

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