Marianna Aprile: «Le fake news? I giovani non ci cascano, noi sì»

foto di Andrea Milazzo
La giornalista ospite della festa del Centro a Chieti: «La “tiratina” di capelli di Prodi è stata sgradevole, ma sono molto peggio i calci di La Russa ai colleghi»
CHIETI. È una Marianna Aprile senza peli sulla lingua quella sul palco del teatro Marrucino di Chieti, invitata alla festa del Centro. Il rapporto con il direttore Luca Telese è di lunga data. Insieme conducono su La7 il talk show In Onda. «Litighiamo su tutto», racconta divertita, «è uno di quei colleghi incontenibili. Non si ferma mai». Sul palco è stata incalzata dal giornalista dell’ufficio centrale del Centro Domenico Ranieri. Il tema: lo stato dell’informazione oggi. Affrontato a partire dalle notizie di attualità, come la questione di Romano Prodi e della “tiratina” di capelli alla giornalista di Mediaset che gli aveva fatto una domanda provocatoria sul Manifesto di Ventotene.
«Prima di rispondere da donna e da collega, devo rispondere da Marianna Aprile», ha detto, «io forse avrei reagito anche peggio perché è una domanda fatta in malafede». «Ma in generale», ha proseguito, «l’invasione dello spazio fisico di chiunque, ma delle donne in particolare in questa fase storica, non va mai bene. A meno che non vi invitiamo noi a farlo. Ma è stata fatta una canea su un gesto brutto che, nella mia personale gerarchia dei comportamenti sgradevoli, viene molto dopo i calci del presidente del Senato La Russa ad altri giornalisti. Molto dopo gli ordini dati agli agenti di scorta di assalire colleghi per allontanarli invece che accompagnarli all’uscita».
C’è poi la questione dell’intelligenza artificiale e del suo impatto sul mondo dell’informazione: «Quando arrivarono i computer si pensava che avrebbero cancellato intere categorie. In realtà hanno creato molti lavori che neanche immaginavamo. Poi sono arrivati i social e sono nati gli influencer. Uno può pensarne quello che vuole, ma quella è una fonte di reddito, anche molto democratica, che prima non esisteva. Ora c’è l’intelligenza artificiale, che bisogna conoscere ma senza darle troppa confidenza». Da qui il riferimento al Foglio, che dal 18 marzo esce in una doppia versione: una fatta dai giornalisti e una realizzata interamente dall’intelligenza artificiale, seppur stimolata dalla redazione.
«Io sono stata molto critica nei confronti del loro esperimento», ha detto, «dal punto di vista intellettuale, può essere una provocazione o quello che volete. Dal punto di vista della professione, invece, è meglio non far capire agli editori che si possono fare i giornali senza i giornalisti. Così si gioca contro la propria squadra». Poi ha continuato: «In secondo luogo, equiparare un prodotto fatto dall’intelligenza artificiale a quello fatto della sapienza dei giornalisti... Anche quelli che mi stanno più sulle scatole, al contrario dell’algoritmo, hanno un background, persino una malafede, che è una cosa brutta, che mi fa saltare i nervi ma che è umana. Ci si può confrontare alla pari. E questo mi sembra il punto di partenza di ogni dialogo».
E infine un accenno al rapporto tra i giovani e l’informazione, specialmente con la carta stampata: «Non importa dove si informano, basta che lo facciano. Loro sono cresciuti nel mondo di internet, sanno muoversi. Siamo noi i “boccaloni” delle notizie false che ci siamo trovati in questa giungla. I ragazzi di oggi, proprio come i cuccioli nella foresta, le annusano queste cose. Percepiscono i pericoli molto meglio di noi».
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