Tentato omicidio in moto, scarcerati in due
Concessi dopo 50 giorni i domiciliari alla coppia accusata dell’agguato a Pellerani in via Del Porto
VASTO. Michele Lattanzio e Fabio Scafetta, i due operai di 30 anni arrestati il 7 giugno dai carabinieri con l’accusa di tentato omicidio, sono tornati a casa. I legali dei due indagati, gli avvocati Raffaele Giacomucci e Alessandro Orlando, hanno ottenuto dal gip del tribunale di Vasto, Elio Bongrazio, gli arresti domiciliari per i loro assistiti.
«I due operai sono entrambi incensurati e continuano a negare le accuse», rimarca l'avvocato Giacomucci.
Dopo 50 giorni a Torre Sinello, per Scafetta e Lattanzio si sono aperte le porte del carcere. Secondo gli investigatori sarebbero loro gli autori della sparatoria contro Yari Pellerani, 28 anni, avvenuta il 9 aprile in via Del Porto.
«Quei killer avevano il casco integrale. Il mio assistito non è sicuramente uno dei due», insiste Giacomucci. Michele Lattanzio è l'operaio aggredito il 4 giugno a colpi d’ascia da Pellerani in via Del Giglio. L’uomo ha sempre sostenuto di non conoscere il proprio aggressore. Identica la posizione di Michele Scafetta. Il trentenne ha dichiarato al giudice di conoscere Pellerani solo di vista. «Non è lui il motociclista che ha sparato i colpi contro Pellerani», afferma l’avvocato Giacomucci.
A mettere nei guai i due operai sarebbero stati i telefoni cellulari. Il giorno dopo l’agguato a Pellerani, i carabinieri localizzarono le cellule telefoniche seguendo i movimenti dei sospettati. Le intercettazioni ambientali hanno fatto il resto. Le motivazioni dell’arresto dei due sono riportate in una ordinanza di 20 pagine.
E poi c’è la moto usata dai killer incendiata e abbandonata in via Lota, sulla quale la Scientifica avrebbe rilevato tracce biologiche importanti. Il perno delle indagini potrebbe essere proprio la moto. Ma gli avvocati Giacomucci e Orlando non si arrendono. Non sono esclusi colpi di scena.
«Ne parleremo al momento opportuno e nelle sedi deputate», dice Giacomucci senza voler aggiungere altro per il momento.
Sulla sparatoria di via Del Porto le indagini non sono affatto concluse. Manca il mandante. Chi ordinò l’agguato a Pellerani? È uno dei punti da chiarire insieme al movente della sparatoria. Pellerani si salvò grazie all’agilità con cui riuscì a gettarsi per terra schivando 3 colpi su 4. Fu ferito da un solo colpo che gli procurò comunque una lacerazione profonda.
Le indagini proseguono nel più stretto riserbo. Potrebbero esserci presto nuovi sviluppi. E contestualmente proseguono le indagini sull’aggressione a colpi di ascia avvenuta l'8 giugno. Tante le persone ascoltate e gli elementi annotati. (p.c.)
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