Casa famiglia, la relazione choc: stanze al freddo e igiene assente
La situazione di degrado emerge da una relazione comunale di cui il Centro è in possesso. Le carenze sono indice dell’assenza dei requisiti minimi strutturali e organizzativi per l’autorizzazione all’esercizio di una struttura educativa per minori non accompagnati
AVEZZANO. L’indagine dei carabinieri – con un blitz dello scorso 17 gennaio nella struttura di accoglienza di San Pelino – fa emergere un quadro allarmante di degrado, con gravi carenze strutturali e igienico-sanitarie. È quanto emerge da una relazione fatta pervenire all’amministrazione comunale, di cui il Centro è in possesso. L’ente, dopo un attento confronto con gli uffici, ha stabilito che la struttura non disponeva delle autorizzazioni per la gestione dei servizi di accoglienza e ha chiesto alle autorità competenti di procedere alla chiusura definitiva della struttura. Si sospettano degli illeciti nella gestione del flusso degli ospiti, mantenuti a spese dello Stato.
In una nota inviata dalla compagnia dei carabinieri di Avezzano all’amministrazione locale, in seguito a un sopralluogo avvenuto il 17 gennaio di quest’anno, corredata da ampio fascicolo fotografico, si riporta «la mancata esibizione della certificazione di agibilità della struttura, oltre alla mancanza delle dichiarazioni di conformità degli impianti, del piano di emergenza, della denuncia dell’impianto di messa a terra e dei documenti attestanti la formazione del personale in materia di sicurezza sul lavoro, trattandosi di luogo di lavoro». Si legge ancora: «Tali carenze sono indice dell’assenza dei requisiti minimi strutturali e organizzativi per l’autorizzazione all’esercizio di una struttura di accoglienza; comunità educativa per minori non accompagnati». Vi sarebbero poi criticità di altro genere, come «il guasto all’impianto di riscaldamento e la totale assenza di igiene». Il Comune, sulla scorta della relazione inviata dagli uomini dell’Arma, ha condotto una serie di verifiche, che hanno accertato la mancanza di «procedimenti finalizzati all’istruttoria ed al rilascio di eventuali autorizzazioni per la gestione di servizi sotto forma di struttura di accoglienza». Gli esiti sono stati comunicati attraverso un documento ufficiale a firma del sindaco Gianni Di Pangrazio alla prefettura, alla Procura di Avezzano, alla Procura minorile dell’Aquila e alla Asl 1. Si aggiungono così nuovi dettagli nel caso della comunità per minori di San Pelino, in via Santa Maria, gestita dalla Fondazione San Michele Arcangelo Onlus, con sedi nella frazione di Avezzano e nel centro laziale di Artena, in provincia di Roma.
I fatti di cronaca della scorsa domenica hanno scatenato una serie di reazioni a catena. Quattro giovanissimi fermati, di cui tre minorenni non accompagnati di 17 anni denunciati a piede libero dalla Procura minorile dell’Aquila per violazione di domicilio, dopo che avevano cercato di introdursi all’interno di un’abitazione privata. Ha fatto scalpore la caccia all’uomo armata di bastoni a opera di alcuni residenti esasperati dalla recente ondata di furti, conclusa con la cattura dei quattro tunisini, consegnati alle forze dell’ordine. L’autorità giudiziaria ne ha disposto il rientro nella casa di accoglienza, esasperando il clima di tensione. Tanto che il sindaco ha scelto il pugno duro. Ha richiesto e ottenuto una convocazione urgente di un tavolo per la sicurezza in prefettura alla presenza di tutti i corpi di polizia del territorio. Sede in cui ha proposto soluzioni esemplari e definitive. In particolare il primo cittadino era in attesa del via libera dal prefetto per firmare un’ordinanza di sgombero dell’immobile. E invece è stato battuto sul tempo dai gestori della casa famiglia, che nella notte di mercoledì hanno trasferito gli ospiti in altra struttura fuori provincia. Dopo lo spostamento degli ospiti in altra località, circa dieci giovanissimi, di cui la maggior parte minori non accompagnati, gli agenti della polizia municipale hanno accertato la presenza nella struttura di una madre con due minori e di un uomo agli arresti domiciliari. L’ente ha quindi ribadito la mancanza di condizioni confacenti ad ospitare il nucleo familiare, in ragione «dell’ambiente fatiscente, con spazi non idonei». Così è scritto nel documento del Comune, che ha richiesto alle autorità competenti di procedere «agli accertamenti e all’adozione dei provvedimenti di propria competenza, al fine di tutelare l'interesse pubblico, nonché i diritti di tutti i soggetti fragili ancora ospitati nella struttura».
L’inchiesta coordinata dalla Procura prosegue.