Celestino, cranio forato dopo la morte
La ricognizione conferma che non esiste nessun giallo sul buco. L’anatomopatologo Ventura parla di «leggende»
L’AQUILA. Il buco nel cranio di Celestino ècertamente post mortem. Il presunto giallo – sul quale, in città, vi fu persino chi cercò di costruire carriere politiche, dietro al paravento del santo eremita, antipersonaggio per eccellenza – è stato «smacchiato» dalla ricognizione canonica sui resti mortali del pontefice canonizzato settecento anni fa, nel 1313.
Secondo il medico chirurgo Luca Ventura, specialista in Anatomia patologica-Paleopatologia, dirigente dell’unità operativa di riferimento all’ospedale, «la presenza del buco sul cranio, che per secoli ha alimentato leggende e ipotesi, quasi mai basate su criteri scientifici, può essere finalmente inquadrata in modo corretto. Non la traccia del delitto orchestrato dal successore Bonifacio VIII, ma un foro praticato sullo scheletro molto tempo dopo la morte».
«Le ossa», scrive Ventura, «si presentano integre e in ottimo stato di conservazione. Non necessitano pertanto di ulteriore consolidamento. I resti appartengono a un uomo di età adulto-anziana, dotato di discreta struttura ossea di base, con modesta robustezza delle inserzioni muscolari. La statura corrisponde a 168 cm circa e le ossa dell'arto superiore destro presentano diametri e lunghezze maggiori dei controlaterali, indicando un soggetto destrimane. Su entrambe le clavicole presenta alterazioni riferibili al trasporto di pesi sulle spalle non eccessivi, ma per tempi molto prolungati». Insomma, pesi materiali oltre che spirituali, dai quali però decise di liberarsi deponendo a terra la tiara.
Quanto al buco, relaziona ancora il medico, «in regione frontale sinistra si osserva un foro rettangolare di mm 9x5, con asse maggiore disposto perpendicolarmente al margine orbitario, dal quale il bordo più vicino dista 30 mm. I bordi della lesione appaiono netti, grossolanamente rettilinei, di colore più chiaro rispetto alla superficie esterna del cranio. Il versante endocranico del foro, esplorato mediante endoscopia digitale, mostra caratteristiche e dimensioni analoghe, con focali scheggiature del tavolato interno. Non sono presenti lesioni accessorie, quali fratture radiali e concentriche, in prossimità del foro principale. La distinzione delle lesioni craniche prodotte in vita (ante mortem) da quelle occorse dopo il decesso (post mortem) costituisce una problematica complessa. Essa si basa su elementi rilevabili all’esame ispettivo, che forniscono risultati attendibili anche in assenza di studi radiologici. L’assenza di reazione riparativa dell’osso esclude che l’individuo possa aver riportato la lesione in vita ed esser sopravvissuto, anche per breve tempo. L’assenza di fratture accessorie radiali e concentriche consente invece di escludere categoricamente l’evenienza di una lesione prodotta in vita o sul cadavere (peri mortem), vale a dire su osso allo stato fresco. Infine, il colorito più chiaro delle superfici di frattura conferma che la lesione è stata prodotta sull’osso scheletrizzato. Le scheggiature del tavolato interno indicano un colpo proveniente dall’esterno».
Tali elementi depongono, quindi, secondo lo studioso, per una lesione «certamente postmortale (pseudopatologia), prodotta su osso secco, riconducibile all’impatto a bassa velocità di un oggetto a superficie ridotta, tipo punta metallica, proveniente dall’esterno, verosimilmente procurata in fase di sepoltura o recupero delle ossa. Tra le altre condizioni patologiche», aggiunge Ventura, «si segnala la possibile presenza di sinusite cronica, segni di usura dentale e parodontopatia e la perdita in vita del primo molare superiore destro con ascesso periapicale. Tali elementi e la totale assenza di carie depongono per una dieta povera di zuccheri raffinati. Per quanto riguarda la colonna vertebrale, la presenza di ernie di Schmorl è da riferire a carichi ponderali sostenuti specialmente nell’adolescenza, mentre artrosi di grado modesto è presente a livello delle vertebre lombari. Due le patologie congenite riscontrate: la sacralizzazione della V vertebra lombare (fusione della vertebra col sacro), condizione che può produrre curvature anomale della colonna causando dolore, e la spina bifida occulta (schisi parziale del sacro), reperto frequente nel materiale osteoarcheologico, condizione in genere asintomatica e compatibile con una vita normale».
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