Guido Visconti: «La smart city? Non esiste»
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Il docente universitario: l’unico obiettivo è dilapidare il denaro pubblico ma la realtà è ben diversa
L'Amministrazione comunale dell'Aquila come spesso capita pensa di amministrare un'altra città che non ha il centro storico distrutto da quattro anni e la cittadinanza dispersa in un'enorme area suburbana. Così oltre alle rotonde che servono probabilmente a foraggiare solo le imprese che le costruiscono e all'appoggio incondizionato alla scienza oggi assistiamo alla telenovela smart city. Come sempre tutti ne parlano ma questa roba non esiste o se esiste coincide con un paese dove ad ogni fermata dell'autobus oltre ad avere l'ora uno può leggere i risultati delle partite di calcio o della corsa tris. La prova dell'inesistenza della smart city sta nel fatto che neanche l'assessore appositamente nominato chiede aiuto ai suoi concittadini per avere delle idee. Gli unici ad avere qualche reazione sono i soliti professori universitari che ovviamente tirano la volata alle industrie che sono sempre in mezzo e che regolarmente non concludono molto. La cosa è quasi umoristica perché quelli più interessati sono gli economisti (ma esiste una categoria più screditata!) e i cosiddetti informatici (anche questi professori). Questi ultimi non solo non rappresentano nessuna concorrenza per i garagisti californiani ma sono quelli che hanno prodotto gli ideologi sgangherati di certi movimenti politici. In una città che conta ancora tutti gli uffici dislocati, che ha un centro storico che rappresenta una vera vergogna per tutti, c'è qualcuno che teorizza la tecnologia come vettore nella smart city, oppure che la vede come motore per la futura economia, come se questa non fosse già morta e sepolta prima del terremoto. Forse i nostri amministratori sono schizofrenici per cui di giorno vanno in giro con le carriole in cerca di miliardi per le pietre del centro storico e di notte hanno dei sogni (o incubi) su una città in cui ci sono i robot a forma di cane che portano il caffè a letto. Purtroppo è questa schizofrenia che ha portato solo a dilapidare denaro pubblico: 15 milioni dei soldi per la ricostruzione finiti nel Gran Sasso Institute, 20 milioni per ricostruire Collemaggio e via discorrendo. Mi ricorda questa vicenda un film di qualche tempo fa (Matrix) nel quale i protagonisti vivono in una realtà virtuale (la smart city) e quando scoprono che la realtà e ben diversa (le rovine) qualcuno gli dà la sveglia con un : Benvenuti nel deserto del reale. Io spero che se ne accorgano il prima possibile.
*docente universitario