Il duplice omicidio all'Aquila, ha ucciso perché la moglie gli aveva disobbedito
La gelosia alla base della tragedia di Bazzano. L’assassino: «Non doveva portare il compagno nella casa dei miei figli». L’uomo voleva controllare la vita della donna anche dopo la separazione
SAN GREGORIO. L’alloggio che è stato di Orietta Boshi è in fondo a sinistra. Sono da poco passate le 13. Nel quartiere delle case comunali di San Gregorio sembra un giorno come un altro. In quell’abitazione che dista meno di cento metri dalla statale 17 adesso ci sono 4 ragazzi che in un pomeriggio d’inverno, in pochi secondi, sono precipitati in una tragedia molto più grande di loro. Il più piccolo ha 11 anni, la più grande quasi 18. Giovedì sera, poco dopo le 19 qualcuno ha bussato alla loro porta: vostro padre ha ucciso vostra madre. Una “frustata” su quattro giovanissimi che sapevano che il rapporto fra mamma e papà si era rotto da tempo ma non avrebbero mai immaginato che si sarebbe arrivati a tanto. Bruno, l’uomo che con un due colpi di pistola ha ucciso Orietta (36 anni) e il suo nuovo compagno Shpetin Hana (40 anni), aveva lasciato quella casa da 4 anni. Adesso abitava lungo il tratto della Mausonia che da Monticchio risale verso Bagno. Aveva messo su una bella attività “Estero porfido”, si era costruito una casa dove viveva da solo (almeno così riferiscono molti testimoni) e ultimamente aveva anche allargato il sito aziendale occupando un’area adiacente. Bruno, come era conosciuto da tutti, aveva lavorato per alcuni anni come muratore ad Ancona. Partiva il lunedì mattina presto e tornava il venerdì sera tardi. Già allora il tarlo di una ossessiva gelosia aveva cominciato a creare una frattura fra i due coniugi. Orietta iniziò a rendersi conto che la vita con quell’uomo non sarebbe stata facile. Finì per diventare ancora più difficile quando Bruno decise di aprire l’attività all’Aquila, a dieci minuti di macchina da San Gregorio . Lei cominciò a lavorare con lui curando le pratiche d’ufficio. Ai figli non faceva mancare nulla nonostante le entrate non fossero molto alte. Al mattino di corsa per portarli alla scuola materna di San Gregorio e poi tutta la giornata fra il lavoro con il marito e tutto quello che c’era da fare in casa. Una donna che non si fermava mai, racconta oggi chi l’ha conosciuta bene. Davanti alla porta della casa di Orietta , appeso in verticale c’è un tappeto verde, come se fosse un prato, finto, ma un prato. Sotto, i nanetti di Biancaneve e qualche giocattolo. Quando arriviamo, in casa ci sono i 4 ragazzi e i nonni materni che parlano solo albanese. Chiediamo di entrare ma ci viene risposto gentilmente di no. La porta si richiude e dietro resta il dolore e la tragedia. Intorno, in quello spazio che sembra essere stato progettato per diventare un ghetto, la vita sembra scorrere normale. Macchine che vanno e vengono, ragazzi sui motorini, c’è anche chi scende dall’auto con in mano uno strumento musicale. Una vicina ci racconta di Bruno, che spesso andava a prendere i figli per tenerli con sé qualche ora. Fonti investigative riferiscono che l’estate scorsa le forze dell’ordine erano dovute intervenire perché quell’uomo, oggi un assassino, aveva alzato le mani sulla figlia maggiore. La cosa era stata segnalata al tribunale per i minori ma era finita lì. Anche in quella occasione l’uomo non aveva nascosto i suoi rancori nei confronti di quella donna colpevole di averlo lasciato e di aver avviato la causa di divorzio. Nonostante la separazione lui non accettava di non poter più decidere della vita e delle abitudini di quella che era stata sua moglie e che fra le sue “colpe” aveva anche quella di essere bella. Ma la gelosia è solo una parte, e forse nemmeno la più importante, dei motivi che hanno spinto l’uomo a puntare la pistola sul capo di Orietta e a fare fuoco. Quando è stato arrestato dai carabinieri, ancora freddo e lucido, ha dato la spiegazione più vera del suo comportamento assassino: «Le avevo detto che quell’uomo non doveva entrare nella casa dove viveva lei con i miei figli, lei non lo ha fatto, per questo li ho uccisi tutti e due». Orietta non ha obbedito a un ordine, il terreno di caccia dell’uomo-padrone non doveva essere violato. La gelosia si può sopportare, la disobbedienza al capo branco no. Forse è tutta qui una tragedia assurda che ha coinvolto anche un uomo, il compagno, la cui unica colpa era quella di essersi innamorato di Orietta e di essere entrato in un posto, la casa di lei, dove secondo l’assassino non sarebbe dovuto entrare. Ieri pomeriggio nell’abitazione di San Gregorio sono andati prima il parroco don Domenico Marcocci e poi il vescovo ausiliare monsignor Giovanni D’Ercole. Il vescovo conosce bene la cultura albanese che ha fra le sue “regole” non scritte anche quella della vendetta verso chi uccide (nel caso di morte di una donna la vendetta dovrebbe abbattersi su 5 uomini). «Ho ricordato a tutti loro che c’è un altro valore forte nella cultura albanese che è quello dell’amore. Ecco facciamo trionfare l’amore e mettiamo da parte inutili vendette».