L'Aquila, via alla Perdonanza: acceso il tripode sotto la pioggia
Temperature rigide nel giorno d'esordio, ma la festa rispetta il programma con gli artisti sul palco. L'arcivescovo Petrocchi: "Celestino maestro e compagno anche in ricostruzione"
L'AQUILA,. Proprio nel giorno di esordio dell'edizione numero 725 della Perdonanza celestiniana sono la pioggia e le temperature rigide, (nel pomeriggio si sono registrati 16 gradi) a farla da padrone: all'Aquila il maltempo ha caratterizzato la cerimonia di accensione del tripode della Pace da parte dello sindaco Pierluigi Biondi, con la Fiaccola del fuoco del Morrone cheè stata consegnata intorno alle 19,30 nel piazzale della basilica di Collemaggio dall'ultimo tedoforo, Leonardo Puca, campione di atletica leggera, vincitore agli assoluti universitari e quarto classificato agli europei under 19 nei 400 ostacoli.
La conduzione della serata è stata affidata a Lorena Bianchetti. Sul palco dovrebbero salire artisti come: Gianni Morandi, Amii Stewart, Paolo Vallesi, Simona Molinari, Piero Mazzocchetti, Stefano Di Battista, Vittoriana De Amicis, tutti insieme in un abbraccio corale alla città e all'Abruzzo.
«Rinnovo l'invito, a tutti e a ciascuno, di impegnarsi a custodire e a promuovere 'l'Animà della Perdonanza, che è esperienza, ecclesiale e sociale, di riconciliazione e di comunione: con Dio, con se stessi e con gli altri». Così il cardinale Giuseppe Petrocchi, arcivescovo metropolita dell'Aquila, nella cerimonia di apertura della edizione 725 della Perdonanza celestiniana che si è svolta in serata nel piazzale della basilica di Collemaggio. «Dobbiamo mantenere una "vigilanza" interiore, attenta e severa, per evitare che la mente e il cuore siano "distratti" dal "centro di gravitazione", spirituale e comunitario, di questo evento, finendo per disperdersi in iniziative di contorno, il cui fine è solo quello di essere "corona" festosa e riconoscente per il dono della misericordia, ricevuta e trasmessa». Per Petrocchi, «il secondo motivo di riflessione poggia sul tema della ricostruzione, attivata dopo il sisma del 2009, di cui ricorre il 10 anniversario. Anche su questo versante possiamo prendere Celestino V come maestro e compagno di viaggio».
«Quando Pietro da Morrone fu eletto papa - ha proseguito l'arcivescovo -, L'Aquila era una città molto giovane, e si stava rialzando da una distruzione: prodotta dalla mano dell'uomo e non dalla natura. Infatti, era stata appena fondata (nel 1254), poi distrutta da Re Manfredi (nel 1259), che abbatté le mura cittadine, da poco edificate, e la rase al suolo. Nel 1266 era cominciata la ricostruzione. Celestino V conosceva bene i terremoti geologici e quelli umani. Sapeva edificare, sul piano edilizio come su quello comunitario: basta guardare la splendida Basilica di Collemaggio (1287) e l'espansione dell'Ordine religioso da lui fondato. Era una città-cantiere, L'Aquila del suo tempo: come quella di oggi. Certo, le tecnologie sono diverse, ma lo spirito che percorre questa formidabile impresa è uguale: la stessa tenacia che non si arrende davanti alla devastazione, e riparte da capo, nonostante tutto!».