L’assassino: non accettavo la fine della mia famiglia

Kapplani è stato ascoltato per tre ore dai magistrati. Convalidato l’arresto Si cercano possibili complici e chi ha fornito l’arma. L’avvocato: ora silenzio

L’AQUILA. «Non riuscivo a sopportare la disgregazione della mia famiglia e il fatto che i quattro figli vivessero con il compagno di mia moglie».

Burhan Kapplani, il piccolo imprenditore albanese in cella per avere freddato a revolverate l’ex moglie, Hrjeta Boshi, e il nuovo fidanzato, Shpetim Hana, ha deciso di parlare ieri mattina, davanti al giudice per le indagini preliminari, Giuseppe Romano Gargarella, in occasione dell’interrogatorio di garanzia che ha portato alla convalida del fermo di polizia giudiziaria. Per la verità non è che ha vuotato il sacco visto che alla domanda più impellente per gli investigatori, ovvero come avesse avuto la pistola, non ha risposto. Comunque è un passo avanti dopo che, nella stazione dei carabinieri di Paganica, egli si era avvalso della facoltà di non rispondere davanti al pm David Mancini.

Kapplani, indagato per omicidio plurimo premeditato e ricettazione della pistola, ha anche raccontato la sua verità di come sia avvenuto l’incontro con quelle che sarebbero state le sue vittime. Egli, infatti, ha riferito di avere incontrato per caso la ex moglie, dalla quale aveva divorziato due anni fa, e il compagno nel parcheggio davanti al supermercato Md. Questo sarebbe avvenuto visto che, a suo dire, si era recato poco prima al bar tabacchi della vicina stazione ferroviaria di Paganica per comprare le sigarette. A quel punto, condizionato da un impeto irrefrenabile, ha sparato e ucciso.

L’uomo ha anche spiegato a pm e gip che mai avrebbe fatto del male alla suocera, seduta sul sedile posteriore dell’auto e rimasta illesa, poiché della situazione della sua famiglia riteneva responsabile solo l’ex moglie e il suo compagno.

Il racconto su come sia avvenuto l’incontro è ritenuto poco credibile dagli investigatori che credono invece nella premeditazione, dal momento che l’uomo aveva con sé una pistola, la Beretta calibro 7,65 con cui ha esploso i colpi contro i due, risultata rubata nel 2010 all’interno di un’abitazione dichiarata inagibile dopo il terremoto del 2009. Secondo gli investigatori si tratta di una versione fornita con il solo intento di evitare la contestazione della premeditazione che gli farebbe rischiare l’ergastolo.

Quello di ieri è stato solo un primo incontro tra imputato e magistrati. Infatti, nonostante il colloquio sia durato tre ore, l’accusato, come detto, ha risposto solo parzialmente alle domande incalzanti di pm e giudice.

I carabinieri stanno facendo accertamenti sui rapporti tra l’assassino e i familiari della vittima che nei prossimi giorni saranno ascoltati. Lo scopo è di chiarire se ci sono moventi ancora non considerati. Inoltre, finché non lo dirà lui, si cerca chi possa avergli dato la pistola.

Resta comunque il fatto che domani verrà affidato l’incarico per le autopsie che potrebbero essere fatte nello stesso giorno. Ma si tratta di accertamenti che aggiungono poco alla dinamica del duplice omicidio di Bazzano. I filmati che sono stati acquisiti con le riprese effettuate da telecamere degli esercizi circostanti, serviranno per verificare se ci fosse stato qualcuno insieme all’indagato prima del duplice omicidio.

«Finita questa fase con la convalida dell’arresto e la disposizione della misura cautela ritengo sia opportuno un periodo di silenzio e riflessione da parte di tutti per rispettare le persone che stanno soffrendo e provando dolore per un gesto incomprensibile e ingiustificabile».

Questo il commento dell’avvocato Tommaso Colella, al termine dell’udienza di convalida a carico dell’indagato da lui difeso insieme alla collega Alessandra Spadolini. La parte civile è rappresentata dall’avvocato Guglielmo Santella.

©RIPRODUZIONE RISERVATA