Navelli, accuse al piano di ricostruzione
Per il consigliere d’opposizione Cantalini troppe le incongruenze nell’elaborato costato 237mila euro
NAVELLI. «Per l’amministrazione comunale di Navelli che di fatto è la stessa da oltre 15 anni, è sempre colpa degli altri». A parlare è il consigliere comunale d’opposizione Gaetano Cantalini, che aggiunge: «Se il centro torico cade a pezzi giorno dopo giorno è colpa dei cittadini che nel passato hanno abbandonato le proprie abitazioni, sebbene costretti per ovvie ragioni. Per la giunta è colpa delle amministrazioni precedenti e delle persone che hanno trafugato coppi, portali, imbotti in pietra per utilizzarli nella costruzione di nuove abitazioni o per venderli al migliore offerente. Se nel crollo di uno dei tanti edifici che da decenni sono abbandonati e pericolanti nella parte più degradata del borgo antico, verificatosi lo scorso 14 giugno, qualcuno disgraziatamente si fosse fatto male, magari sarebbe stata pure colpa della minoranza che in quattro anni non ha mai portato in consiglio comunale la situazione del centro storico. Ma, al di là dei soliti rimpalli di responsabilità, ciò che profondamente indigna è la protervia con la quale l’amministrazione comunale promette, ancora una volta, di recuperarlo e valorizzarlo con un piano di ricostruzione post sisma, costato la bellezza di 237 mila euro all’Università di Parma, avendo collaborato col Comune alla sua redazione, ed atteso dai cittadini per lunghi cinque anni per rivelarsi alla fine un autentico farlocco. Qualcuno dovrà spiegare, per esempio, perché nel piano di ricostruzione del centro storico di Navelli, che ha ottenuto, tra l’altro, il nulla osta dall’Ufficio speciale, l’edificio crollato qualche giorno fa risulti classificato dai tecnici dell’Università di Parma di categoria E, ovvero inagibile dal terremoto, nonostante fosse diroccato da diversi anni. Qualcuno dovrà spiegare perché nel piano di ricostruzione, approvato in variante agli strumenti urbanistici vigenti, come da accordo di programma sottoscritto in data 8 agosto 2013 tra il Comune e la Provincia dell’Aquila, risultino danneggiate dal sisma e da sostituire le reti dei sottoservizi (rete idrica, fognaria e del gas) lungo vie che sono state oggetto di interventi di rifacimento della pavimentazione dopo il terremoto. E ancora, perché edifici di proprietà comunale agibili di categoria A, utilizzati tutto l’anno, necessitino di importanti interventi “volti alla riparazione dei danni sismici strutturali”. Oppure perché immobili, sempre di proprietà comunale, sebbene già ristrutturati con fondi pubblici e donazioni private, risultino inagibili di categoria E. Qualcuno dovrà spiegare ancora per quale ragione edifici che da anni sono fatiscenti e pericolanti, sia isolati che in aggregati, risultino nel piano di ricostruzione classificati a inagibili di categoria E o addirittura temporaneamente inagibili di categoria B».
Per Cantalini qualcuno deve spiegare «perché isolati in gran parte fatiscenti risultino classificati, anch'essi dall'Università, temporaneamente inagibili di categoria B; perché edifici classificati sempre dall’Università diruti ed inagibili di categoria E, già ristrutturati dopo il sisma, sebbene ricompresi in aggregati edilizi obbligatori, siano considerati nel piano di ricostruzione ancora tali. Non si capisce poi perché», conclude il consigliere d’opposizione, «immobili ad uso non abitativo fatiscenti, come pagliai, magazzini e altro, situati ai margini del centro storico, siano classificati di rilevante pregio storico architettonico mentre abitazioni oggettivamente di rilevante pregio storico architettonico non siano state riconosciute tali. Qualcuno dovrà spiegare, infine, se è possibile costituire consorzi tra proprietari di immobili ricompresi in aggregati edilizi che nel piano di ricostruzione risultano separati e distinti»
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